CHIESA E IMMIGRAZIONE/11: LA VERA VITA DI MAOMETTO

Ciò che noi auspichiamo è che si apra un dibattito sulla vita di Maometto. Che davvero si possa conoscere ciò che solitamente viene taciuto sul suo comportamento, al fine di capire a fondo i pericoli insiti nella religione islamica.
E auspichiamo che questo dibattito lo si apra soprattutto in ambito cattolico, convinti, come siamo, che la più grande carità è dire la verità.
A questo fine offriamo una traccia per conoscere la vita di Maometto nella sua interezza, senza edulcorazioni di sorta.

Abul-Kasim ibn Abd-Allah (questo il nome per intero), detto Muhammad (cioè il “glorificato”), nacque nella ricca città di La Mecca (nell’attuale Arabia Saudita) presumibilmente il 20 aprile del 570 d.C.

Ebbe un’infanzia come pochi, più sfortunata è difficile da immaginare.

Il padre non lo conobbe mai, perché morì prima della sua nascita. Era un commerciante di nome Abd-Allah.
La madre si chiamava Amina bint-Wahb.
Entrambi i genitori appartenevano alla potente tribù dei Qurays (o Coreisciti), che dominava alla Mecca. Sembra però che malgrado l’importanza della tribù di origine, il padre non fosse tanto ricco e, morendo, non abbia lasciato nulla al figlio.
Senza padre, fu cresciuto dal nonno, Abd-el-Mattalib che gli impose il nome di Qotham.
Ma quando Maometto aveva appena sei anni, morì anche la mamma. Il bimbo fu affidato ad una nutrice beduina. I musulmani credono che la mamma, per volontà di Allah, sia stata successivamente richiamata in vita per beneficiare dei frutti della conversione.
A otto anni perse anche il nonno e fu accolto da uno zio, Abu Talib, sicuramente non ricco, se non addirittura povero, che pensò di servirsi del nipote facendolo lavorare come cammelliere. Maometto ebbe così modo di conoscere il suo popolo e le difficoltà e i pericoli della vita nomade. Abu Talib morì nel 619 e fu padre di Alì (il quarto califfo). Non si convertì mai all’Islam, ma vi é da dire che, influente com’era presso i Meccani, cercò sempre di difendere il nipote negli anni più difficili della predicazione.

Alla Mecca, città d’intensi traffici, così anche durante i suoi numerosi viaggi, Maometto venne a contatto con uomini di diverse religioni: Ebrei, Cristiani nestoriani (il Nestorianesimo fu un’eresia che affermava l’esistenza in Cristo di una duplice natura e di una duplice persona), Manichei, ecc...
E’inutile negarlo, lui aveva una particolare inclinazione per gli argomenti religiosi e con ogni probabilità appena vedeva qualcuno che poteva intavolare con lui un discorso religioso, si faceva raccontare tutto per filo e per segno.
Questo gusto per le discussioni religiose lo vaccinò da qualsiasi basso interesse economico. Con il commercio non si arricchì, anzi ebbe fama di uomo giusto ed onesto.

Poi avvenne la svolta della sua vita. A venticinque anni entrò a servizio di una ricca vedova quarantenne, Khadigah (555-620). Donna capacissima, tanto capace che malgrado vivesse in un ambiente tutt’altro che favorevole alle donne, gestiva una ditta di spedizioni carovaniere. Per lei Maometto guidò e organizzò diverse spedizioni, poi nel giro di un anno diventò il suo uomo di fiducia e finalmente...suo marito. Era l’anno 595. Maometto aveva venticinque anni, Khadigah quaranta.

Dunque una donna tutt’altro che sprovveduta. Era stata già sposata due volte e aveva già avuto diversi figli. Scaltra, molto scaltra, pensate che allora una donna per sposarsi doveva ricevere il consenso scritto del padre o, se il padre era già morto, dei fratelli. Ebbene, per ottenere il consenso del papà, ch’era ancora in vita anche se anziano, lo fece ubriacare e tra i fumi dell’alcool ne ottenne il consenso. Molti studiosi affermano che questa Khadigah fosse ebrea; particolare molto importante, poi vedremo perché.
Maometto e Khadigah condivisero per venticinque anni un matrimonio felice (o almeno così ci dicono le fonti), dal quale nacquero due o tre figli maschi, morti però prematuramente, e quattro figlie: Ruqaya, Zaynab, Umn Kulthum e Fatima. Maometto e Khadigah adotteranno poi Zaid-ibn-Haritha, uno schiavo riscattato.

Indubbiamente questo matrimonio non fu molto sincero. Maometto venticinquenne, Khadigah quarantenne; per di più in un tempo in cui questa differenza di età era sì possibile...ma al contrario. Sbaglieremmo però se pensassimo che Maometto si fece sposare perchè desideroso di ricchezze; a lui le ricchezze non interessavano affatto. Dopo il matrimonio, sembra che fece continuare alla moglie la gestione della ditta; piuttosto il suo interesse era un altro, liberarsi dalla fatica del lavoro per dedicarsi a ciò che gli piaceva: la meditazione delle cose divine.

Si badi: questa tendenza all’ozio, questo (molto spesso implicito) rifiuto della fatica caratterizzeranno sempre l’Islam.

Nell’anno 605 Maometto (aveva trentacinque anni) fu prescelto per ricollocare la “pietra nera” in un angolo dell’edificio della Ka’ba. La “pietra nera” è un meteorite oggetto di devozione religiosa. Si pensava, e si pensa tuttora, che già Abramo avesse collocato il meteorite in quell’angolo della Ka’ba per fissare il punto di partenza per le processioni rituali. Al tempo di Maometto era stato rimosso a causa di una provvisoria demolizione del tempio, ed ecco perché Maometto era stato prescelto per la ricollocazione.
Da quel giorno Maometto era solito ritirarsi per alcuni giorni dell’anno nella solitudine di luoghi montagnosi e desertici nelle vicinanze di La Mecca. Andava girando solitario, meditava sul divino e vestiva poveramente.

Ai piedi del monte Hira, in una notte dell’anno 610 (ricordata come la “Notte del destino”), all’ormai quarantenne Maometto sarebbe apparso in sogno un angelo che aveva in mano un rotolo di stoffa. L’angelo gli comunicò una prima rivelazione di Allah. Maometto improvvisamente si risvegliò ma quelle parole gli rimasero nel cuore. Lasciò la caverna e sentì una voce dal cielo che lo salutava come inviato di Allah: “Maometto, tu sei l’Eletto di Allah e io sono Gabriele”.Scorse poi all’orizzonte un angelo gigantesco e rimase profondamente turbato, sconvolto, da quella visione. Particolare interessante: Khadigah fu la prima a credere nella missione misteriosa e sacra che era stata affidata al marito.

Facciamo adesso una riflessione. Se si studiano le apparizioni che sono toccate a veggenti cristiani, si nota che c’è sempre come comune denominatore un’atmosfera di serenità, di beatitudine, di tranquillità, anche se dopo un iniziale timore. Qui invece succede qualcosa di diverso. Da quella notte, Maometto tornava spesso presso il monte Hira ma non trovava più la pace. Giunse a credere che Allah lo avesse abbandonato e pensò persino al suicidio.

Ma non solo questo. Va detto che episodi strani accompagnavano le “rivelazioni” dell’angelo Gabriele. Quando sentiva avvicinarsi una nuova rivelazione, Maometto aveva brividi di freddo, tremava e si faceva portare un velo o un mantello sotto il quale lo si sentiva gemere, rantolare e addirittura urlare.

Per ben tre anni, oltre a Khadigah, Maometto confidò la rivelazione di Allah a pochi. Ad Alì, suo cugino, futuro genero nonché quarto califfo; al figlio adottivo Zayd; ad Othman, suo amico e futuro genero, nonché terzo califfo; e ad Abu Bakr, suo amico e futuro suocero, nonché primo califfo.

La sua attività alla Mecca durò dieci anni (612-622). Annunciò la fine dei tempi ed esortò alla penitenza e alle opere di bene in vista del Giudizio finale. In quell’ambiente politeista e idolatra insisteva molto sull’unicità di Allah, al quale i credenti avrebbero dovuto completa sottomissione (“islam”). Trovò i primi seguaci tra i poveri e gli schiavi dei sobborghi, mentre gli rimasero ostili i grandi mercanti. Questo perché da secoli in città giungevano pellegrini da tutta l’Arabia per adorare la “pietra nera” e i mercanti guadagnavano bene sfruttando quel grosso movimento di gente, così temettero che lo scagliarsi di Maometto contro l’idolatria potesse compromettere i loro affari.

Al primo periodo meccano, cioè al periodo di Maometto profeta alla Mecca, è legata anche la questione dei cosiddetti “versetti satanici”. I Coreisciti (gli appartenenti alla tribù a cui anche Maometto apparteneva) consideravano le tre divinità preislamiche (Allat, Manat e Al-Uzza) come “figlie di Allah”. Maometto avrebbe inizialmente accettato questa credenza; successivamente, invece, l’avrebbe abrogata spiegando nel Corano che quella prima affermazione era stata inserita da Satana. In realtà, sembra che la credenza delle “figlie di Allah” fosse stata introdotta da Maometto a scopo accomodante come espediente per poter meglio diffondere il suo credo presso un popolo ancora idolatra.

Ed eccoci ad un episodio importantissimo: l’egìra; cioè la fuga di Maometto dalla Mecca a Medina. In realtà Medina non si chiamava così ma “Yathrib”, poi verrà denominata “Madinat-an-Nabì” (che vuol dire “la Città del Profeta”). L’egìra avvenne nell’anno 622. Perché fu un episodio importantissimo? Perché l’era musulmana viene conteggiata da quell’anno. Per i cristiani il discrimine è la nascita di Cristo, per i musulmani è l’egìra. Dunque per loro è più importante della stessa nascita di Maometto (570), della prima “apparizione” (610) e della conquista di La Mecca (632). Ma perché? Per almeno due motivi.

Primo: perché a Medina si realizzò il primo nucleo di Stato islamico-

Secondo: perché a Medina partì anche il jihad, cioè la guerra santa per la conquista non solo di La Mecca (che avvenne nel 630) ma del mondo intero.

Dunque attenzione! Per l’Islam lo Stato islamico e il jihad sono più importanti di altre cose: della nascita di Maometto, della prima “apparizione” e della conquista di La Mecca.

A Medina Maometto riuscì a convertire facilmente gli arabo-pagani; ebbe invece difficoltà con gli Ebrei e i Cristiani. Si presentò come rinnovatore della “religione di Abramo”, religione che però -secondo lui- era stata falsificata dai cosiddetti “popoli del Libro”, cioè dagli Ebrei e dai Cristiani.

Maometto inizialmente, almeno fino alla morte di Khadigah (che, ricordiamolo, sembra fosse ebrea), conservò Gerusalemme come centro della “religione di Abramo”; poi sostituì Gerusalemme con La Mecca. E infatti nel febbraio del 624 stabilì che da quel momento in poi si sarebbe dovuto assumere come qiblà(orientamento da tenersi durante la preghiera) proprio la Ka’ba di La Mecca.

Maometto decise inoltre che fosse il venerdì il giorno del servizio divino e istituì un digiuno (ashura) nel decimo giorno del primo mese (muharran).In questo giorno si raccomandava di osservare 24 ore di digiuno dal tramonto a quello successivo. Ebbene, Maometto istituì questa penitenza ad imitazione delkippur ebraico.

Dopo molti scontri armati tra meccani e musulmani medinesi (è l’inizio delJihad), nell’anno 630, Maometto entrò a La Mecca con diecimila uomini e senza incontrare resistenza. Seduto trionfalmente su un cammello, cavalcò per sette volte intorno alla Kà ba, distrusse con un bastone i simulacri delle antiche divinità arabe del territorio sacro e prese possesso della “pietra nera”. Proclamò La Mecca, con il santuario della Kà ba, la “Città santa dell’Islam”. E trovò anche un compromesso con i ricchi mercanti: il culto della pietra nera sarebbe restato, ma doveva essere islamizzato. Maometto istituì il rituale del pellegrinaggio: ogni musulmano doveva recarsi alla Kà ba almeno una volta nella vita.

Maometto decise poi di ritornare a Medina e negli anni tra il 630 e il 632 si dedicò completamente ai suoi compiti di capo religioso e politico.

Nel 632 fece il suo ultimo pellegrinaggio a La Mecca, però gli fu fatale. Partì con ben novantamila pellegrini ma si ammalò subito dopo il suo ritorno a Medina. Morì presumibilmente l’8 giugno del 632. La tomba si trova oggi nella moschea di Medina.

Alla sua morte lasciò un harem di nove mogli e tre concubine. Le vedove, in qualità di “madri di tutti i fedeli”, non avrebbero potuto risposarsi.

Vediamo adesso di fare qualche considerazione sulla sua vita morale.

Per i musulmani Maometto è il modello per eccellenza da imitare, in tutto. Attenzione: in tutto! Perché tutti i suoi atti devono essere necessariamente considerati buoni.

E invece Maometto ebbe un carattere e una vita piena di contraddizioni.

I testi dicono che era tendenzialmente timido, sicuramente portato verso la meditazione dei misteri divini, ma anche violento e vendicativo.

Era certamente un leader e in molte occasioni diede prova di grande capacità di governo; c’è chi gli attribuisce un vero e proprio genio politico. D’altronde queste qualità prescindono dal giudizio morale della vita di un personaggio.

C’è un aspetto interessante che potrebbe sembrare un pò troppo “leggero”, ma in realtà non lo è. Molti studiosi dicono che soltanto le donne seppero dominarlo. Khadigah riuscì ad imporgli la fedeltà (almeno formalmente, poi nella vita privata è difficile controllare) fino alla morte di lei che avvenne prima dell’egìra. Dopo arrivò a sposarne undici ed ebbe anche un buon numero di concubine.

Maometto non era istruito, ciò che possedeva era soprattutto una grande intelligenza intuitiva.

Vediamo più precisamente i suoi limiti.

Per quanto riguarda la sua passionalità va ricordato che mentre il Coranoammette fino a quattro mogli legittime (sul numero di concubine non c’è limite), lui arrivò a sposarne ben undici. Aisha addirittura la sposò quando ella aveva appena sei anni.

Lui stesso si riconobbe più volte peccatore.

C’è poi un fatto che dice tutto: Maometto s’innamorò di Zaynab (moglie del suo figlio adottivo Zayd) e la obbligò (dicono alcuni: inserendone nelCorano l’autorizzazione divina) a divorziare dal legittimo marito per averla.

Si racconta che negli ultimi anni per le sue intemperanze nel cibo e nell’impudicizia era diventato così corpulento che non riusciva a fare le prostrazioni durante la preghiera.

Per quanto riguarda la violenza vanno ricordate le razzie di carovane (per esempio quella di Badr nel 624) con l’uccisione dei prigionieri.

La strage, nell’anno 627, della piazza principale di Medina: alla sua presenza, fu tagliata la testa agli uomini della comunità ebraica di Banì Quràizah.

Si badi bene: tutti questi fatti sono assolutamente storici e presenti anche nelle fonti islamiche. 
 
(Corrado Gnerre - itresentieri.it)  

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