IL DESIDERIO DI INFINITO, L'UOMO E DIO

Un antico mito greco narra di Eos, l’Aurora “dalle dita di rosa”, che, innamorata perdutamente del bellissimo eroe Titone lo rapisce e supplica Zeus di concedergli il dono proibito dell’ immortalità. La preghiera viene esaudita, Titone ottiene di vivere in eterno come un dio, ma un madornale errore di Aurora lo condanna ad un misero destino: essendosi l’amante dimenticata di chiedere per lui anche una giovinezza senza fine, l’eroe si trova imprigionato in una condizione di progressivo declino fisico e perpetua vecchiaia, che fa sfiorire in lui ogni bellezza e vigore.

Spezzare i vincoli del tempo, dello spazio e della contingenza perché l’amato possa aver accesso ad una dimensione inesorabilmente preclusa ai mortali è un gesto eroico e ardito, espressione di un profondo anelito a sconfiggere la naturale caducità umana. La conclusione? Tragica. E’ quello che accade anche ad Orfeo, l’ispirato cantore che osa l’inosabile avventurandosi nell’Ade per riportare alla luce l’ombra della giovane moglie morta. Stesso amore folle, stesso tentativo frustrato di trionfare sulle leggi del Fato e della natura.

Il mito nasce con l’uomo ed è la quintessenza dell’umano; se non cessa mai di incantare con il suo fascino intere generazioni è perché in esso emergono, vivide e tangibili, quelle che sono le passioni, le angosce, le aspirazioni più vere e spontanee del nostro essere. Lo slancio a superare le barriere della morte, ad esempio, rappresenta la più alta e profonda espressione della natura dell’uomo di tutti i tempi, dai primordi della civiltà fino ai giorni nostri. E’ in questa innata tensione all’Infinito, all’Eterno che si cela il senso ultimo del destino umano, il fine supremo di noi, fragili creature mortali che popolano un macrocosmo dove tutto passa, tutto scorre, tutto è limitato, precario, caduco.

SAN BONAVENTURA: I PRODIGI DELLA NOTTE DI NATALE

San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.
Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.
Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.
Ne presentiamo qui sotto una traduzione dal testo originale latino.

«Questi, secondo diverse testimonianze, sono i miracoli manifestatisi al popolo peccatore il giorno della Natività di Cristo.

Primo – Una stella splendente apparve nel cielo verso Oriente, e dentro di essa si vedeva la figura di un bellissimo bambino sul cui capo rifulgeva una croce, per manifestare la nascita di Colui che veniva a illuminare il mondo con la sua dottrina, la sua vita e la sua morte.

Secondo – In Roma, a mezzo giorno, apparve sopra il Campidoglio un cerchio dorato attorno al sole – che fu visto dall’Imperatore e dalla Sibilla raffigurante al centro una Vergine bellissima che portava un Bambino, volendo così rivelare che Colui che stava nascendo era il Re del mondo che si manifestava come lo «splendore della gloria del Padre e la figura della sua stessa sostanza» (Ebrei 1,3).
Vedendo questo segnale, il prudente Imperatore (Augusto) offrì incenso al Bambino, e da allora rifiutò di essere chiamato dio.

Terzo – In Roma venne distrutto il “tempio della Pace”, sul quale, quando era stato costruito, i demoni si domandavano per quanto tempo sarebbe durato. Il vaticinio fu: «fino al momento in cui una vergine concepirà». Questo segnale rivelò che stava nascendo Colui che avrebbe distrutto gli edifici e le opere della vanità.

Quarto – Una fonte di olio di oliva sgorgò improvvisamente a Roma e fluì abbondantemente, per molto tempo, fino al Tevere, per dimostrare che stava nascendo la Fonte della pietà e della misericordia.

Quinto – Nella notte della Natività, le vigne di Engadda, che producevano balsamo e aromi, si coprirono di foglie e produssero nettare, per significare che stava nascendo Colui che avrebbe fatto fiorire, rinnovare, fruttificare spiritualmente e attirare con il suo profumo il mondo intero.

Sesto – Circa trentamila ribelli furono uccisi per ordine dell’Imperatore, per manifestare la nascita di Colui che avrebbe conquistato alla sua Fede il mondo intero e avrebbe precipitato i ribelli nell’inferno.

Settimo – Tutti i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San Gerolamo commentando il salmo:«È nata una luce per il giusto», per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la natura e a promuovere la castità.

Ottavo – Nella Giudea un animale parlò, e lo stesso fecero anche due buoi, affinché si comprendesse che stava nascendo Colui che avrebbe trasformato gli uomini bestiali in esseri razionali.

Nono – Nel momento in cui la Vergine partorì, tutti gli idoli dell’Egitto caddero in frantumi, realizzando il segno che il profeta Geremia aveva dato agli egiziani quando viveva tra loro, affinché si intendesse che stava nascendo Colui che era il vero Dio, l’unico che doveva essere adorato assieme al Padre e allo Spirito Santo.

Decimo – Nel momento in cui nacque il Bambino Gesù, e venne deposto nella mangiatoia, un bue e un asino si inginocchiarono e, come se fossero dotati di ragione, Lo adorarono, affinché si capisse che era nato Colui che chiamava al suo culto i giudei e i pagani.

Undicesimo -–Tutto il mondo godette della pace e si trovò nell’ordine, affinché fosse palese che stava nascendo Colui che avrebbe amato e promosso la pace universale e impresso il sigillo sui propri eletti per sempre.

Dodicesimo – In Oriente apparvero tre stelle che in breve si trasformarono in un unico astro, affinché fosse a tutti manifesto che stava per essere rivelata l’unità e trinità di Dio, e anche che la Divinità, l’Anima e il Corpo si sarebbero congiunti in una sola Persona.

Per tutti questi motivi la nostra anima deve benedire Dio e venerarlo, per averci liberato e per avere manifestato la sua maestà, con così grandi miracoli, a noi poveri peccatori».

(corrispondenzaromana.it) 

LA BELLEZZA E LO STUPORE DELLA MESSA IN RITO ANTICO


Il 16 novembre scorso, nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta, abbiamo avuto la grazia di partecipare alla Santa Messa in rito antico celebrata da tre sacerdoti e ben dieci seminaristi della Fraternità Sacerdotale San Pietro di Wigratzbad (Germania). Un fatto molto raro che accade nella nostra diocesi!!!
Ogni gesto, ogni riverenza, ogni preghiera, ogni canto ci hanno comunicato la bellezza che è racchiusa nel rito antico. E' stato come essere in paradiso!!!
Riportiamo il Vangelo di quella domenica con la trascrizione dell' efficace omelia di Mons. Ravotti
Per guardare le foto collegarsi al seguente link: https://plus.google.com/photos/116773484573840928555/albums/6083714173219772737?authkey=CIGYsIi53c-hjAE

(Alberto e Rossana)

(Mt 9, 18-26) In quel tempo mentre Gesù parlava alle turbe ecco che uno dei capi gli si accostò dicendo: Signore or ora mia figlia è morta ma vieni, poni la Tua mano su di lei e vivrà. Gesù alzatosi, gli andò dietro con i suoi discepoli. Quand'ecco una donna che da dodici anni pativa una perdita di sangue, gli si accostò da dietro e toccò il lembo della Sua veste; diceva infatti tra sé – Se solo riuscirò a toccare la Sua veste, sarò guarita -. Gesù rivoltosi e vedutala, le disse: “Abbi fiducia o figlia: la tua Fede ti ha salvata”. E da quel momento la donna guaì. Giunto che fu alla casa del capo, vedendo dei suonatori e una turba di gente rumoreggiante, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta ma dorme”. E Lo deridevano. Ma dopo che la gente venne fatta sgombrare, Egli entrò, prese la giovane per mano ed ella si alzò. E la fama di Gesù si diffuse per tutto quel paese.


Omelia di Mons. Jean Pierre Ravotti (trascrizione by Elena Milani)

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, così sia.

Ecco, carissimi amici, siamo giunti qui a Bergamo da orizzonti diversi: ci sono innanzitutto Don Calvini e i seminaristi che giungono da Wigratzbad ed è questo il motivo che ha determinato questo nostro incontro; poi, mi pare, oggi c'è questo vostro peregrinare qui a Santa Maria Maggiore per venerare la Vergine Maria e per vivere la grazia unica e ineffabile di questo momento eucaristico e poi, permettetemi di aggiungere, ci sono anch'io, arrivato dalla diocesi di Mondovì e per l'amicizia con don Calvini ed i seminaristi ho voluto unirmi a voi oggi in questo giorno; ecco voi sapete che siamo nelle ultime domeniche dell'anno liturgico; il pensiero si fa anche un po' più grande, un po' più riflessivo, soprattutto il pensiero orientato verso le ultime verità: queste ultime verità alle quali, nel mondo di oggi, preoccupato soprattutto di godersi la vita, si pensa così poco: la venuta del Signore, il giudizio di Dio sulla nostra vita.
Ecco credo che occorre sottolineare come la liturgia di queste ultime domeniche dell'anno liturgico sia un invito a pensare alle ultime realtà: al giudizio di Dio sulla nostra vita, alla nostra capacità di Fede e per così dire anche alla qualità della nostra Fede. Vi sono nel Vangelo anche - non dimenticatelo carissimi - delle parole preoccupanti del Maestro: quando il Figlio dell'uomo tornerà troverà la Fede sulla terra? In alcune pagine che a noi sembrano veramente - e lo sono – drammatiche, ecco si ha l'impressione che la Fede non sia mai poi così scontata per l'umanità. Si ha l'impressione che la Chiesa negli ultimi tempi dovrà essere segnata da grandi prove - questo il Vangelo lo lascia comprendere chiaramente -. Allora come rispondere a questa situazione per certi versi drammatici? La parola di Dio in questa ventitreesima domenica dopo Pentecoste risponde infondendo nei nostri animi la speranza, la fiducia, il coraggio: mi pare che tutti i testi della liturgia di questa domenica, per iniziare dal canto di ingresso, sono un invito alla fiducia nel Signore. Da cosa nasce - carissimi - questa nostra fiducia? Nasce dalla certezza che Dio ascolta sempre la nostra preghiera. C'è anche tra i vespri della liturgia di questa domenica il primo versetto del De Profundis che non solo è la preghiera per i defunti ma che un grido immenso di speranza, e di fiducia: - dal profondo Signore io grido a Te, Signore ascoltami -. 
Leggete, meditate il De Profundis che è veramente la preghiera dell'uomo provato, dell'uomo derelitto, dell'uomo angosciato: chi non si angoscia difronte alla morte, chi non si angoscia difronte alla strada intrapresa dalla nostra società (e qui c'è ben di che preoccuparci)? Ma nonostante tutto i nostri occhi devono essere rivolti al Signore, a Lui che è la fonte della nostra fiducia, a Lui che è la fonte della nostra speranza (e vorrei ricordarvi, carissimi, che aver Fede, contrariamente a quanto pensano alcuni intellettualoidi, aver Fede non vuol dire aver chiarito tutti i nostri problemi con la nostra testa. Certo, non ci è proibito di pensare e di essere dei cristiani intelligenti: non sta scritto da nessuna parte che dovremmo essere più stupidi degli altri, semmai il contrario. Però ricordatevi che la Fede non è prima di tutto una questione di intelligenza; la Fede è una questione di fiducia. Credere significa fidarsi di Dio. Lo dice l'etimologia stessa della parola -fides- anche in italiano. Per noi italiani è ancora più facile comprenderlo: tra -fides- e -fiducia- c'è la stessa radice etimologica. La Fede essenzialmente è questione di fiducia. Credere significa non comprendere il mistero di Dio: cosa volete che comprenda la nostra testolina dell'immenso mistero di Dio? Ma credere significa poggiare su Dio. Essere certi che il Signore è lì presente e operante). 
Mi piace, carissimi, ricordarvi le parole di Paolo che sono davvero stupende in questo brano della lettera ai Filippesi. L'apostolo che osa dire ai suoi cristiani - Fatevi miei imitatori-. Chi di noi potrebbe dire la stessa cosa? Ecco, fatevi miei imitatori, eppure nella coerenza della nostra vita cristiana dovremmo poter dire agli altri -Fatevi miei imitatori, vivete secondo l'esempio che vi diamo-. Ecco, il cristiano, e questo per noi è chiarissimo, il cristiano non ha come riferimento il mondo; il cristiano ha come riferimento Gesù Cristo. Il cristiano ha come riferimento coloro che vivono nella grazia di Gesù Cristo, e la Chiesa, pur tra tante debolezze e tanti peccati, la Chiesa risplende anche - bisogna sottolinearlo - per questa immensa fiducia nel Signore e per questa vita in conformità con la volontà di Dio. L'apostolo qui sottolinea alcuni comportamenti del mondo che sono ben lontani e che addirittura l'apostolo definisce nemici della Croce di Cristo.
I nemici della Croce di Cristo sono anche attorno a noi, nel mondo di oggi, coloro che si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi. Nelle tante scelte concrete della società di oggi anziché glorificarci come lo fa la società pensando che tutto sia una conquista civile o una conquista sociale. Penso per esempio al divorzio, all'aborto e mettetene finchè volete, queste scelte assurde poiché anzichè scelte di avvenire e di vita sono scelte di morte; ecco, di queste scelte gli uomini dovrebbero vergognarsi. Ha ragione l'apostolo: dovrebbero vergognarsi... non parliamo poi di certe altre scelte folli che sta facendo la società di oggi (risparmiatemi di dover scendere in concreto perché farei delle polemiche che non finiscono mai... e giustamente! giustamente si polemizza perché sono scelte folli, scelte all'opposto della luce di Dio e all'opposto della volontà di Dio. Pensate al matrimonio tra persone dello stesso stesso: realtà aberranti... aberranti veramente). Qui ha ragione l'apostolo: questa gente dovrebbe vergognarsi delle scelte che fa; queste persone si comportano da perfetti nemici di Cristo. L'apostolo invece invita i cristiani a rimanere fermi; attenzione, carissimi, -fermi- non significa che dobbiamo essere immobili; -fermi- significa che dobbiamo essere radicati nel Signore; ecco la fermezza per noi cristiani; la fermezza significa essere ancorati in una fedeltà senza discussione al Vangelo del Signore Benedetto. 
E allora l'apostolo semina così dei consigli ad alcuni cristiani della comunità di fedeli e questo ci dimostra che l'insegnamento evangelico non soltanto è una bella teoria ma l'insegnamento evangelico scende anche nella pratica. Qui l'apostolo parla a due donne di cui non sappiamo granchè. Però percepiamo dal contesto che queste donne dovevano litigare tra di loro. Vorrei fare una battuta umoristica: le donne quando sono in pace sono veramente grandi e formidabili, ma quando le donne si mettono a litigare sono guai senza fine! Mi direte: ma anche per gli uomini vale la stessa cosa! Sì, ma le donne vanno sempre oltre perché fanno le cose con maggiore pienezza degli uomini! Tornando a noi, probabilmente queste due donne, Evodia e Sintiche, non erano in buona armonia fra di loro e l'apostolo invita queste donne a ravvedersi; e tanto più è sorprendente il fatto che se voi studiate il nome greco di queste due cristiane, Evodia e Sintiche, vedrete che il loro nome significa pace, incontro, dialogo (evodio è la via dell'incontro, sintiche l'incontro proprio, essere insieme). L'apostolo sembra quasi fare dell'umorismo: voi che avete questi nomi così belli! ma non basta avere dei nomi belli. Ci si può anche chiamare Ilario e non essere sempre portatore di gioia. Faccio l'esempio di Ilario, ovviamente Ilario significa gioia quindi l'apostolo sembra quasi fare un po' di umorismo e dire a queste due cristiane: siate fedeli al nome che portate. vivete in buona intelligenza, vivete in pace. Vorrei, per terminare e per non esasperare anche la vostra pazienza, sottolineare la luce di questa pagina di Vangelo: la guarigione. Sono due i miracoli che si intrecciano in questa bella pagina di Matteo: quella della figlia del capo ebraico e poi la cosiddetta Emorroissa. Vorrei sottolineare che questo Vangelo mette in luce la Fede dei piccoli e noi, credo tutti, ci sentiamo davvero parte di questi piccoli, di questi umili, ai quali il Signore rivela i suoi misteri.
Quello che conta, credetemi, davanti al Signore non è il glorificarci della nostra cultura, della posizione che abbiamo... quello che conta davvero davanti al Signore è l'umiltà, la fiducia con la quale ricorriamo a Lui, la semplicità con la quale spontaneamente diamo prova di fiducia nel Signore...e qui ce ne dà una grande esempio la cosiddetta Emorroissa del Vangelo. Una donna straordinaria, una donna la cui fiducia illimitata - notate che si accosta a Gesù con grande umiltà – le farà dire: - Se riuscirò soltanto a toccare la frangia del suo abito sarò guarita- . Non vi sembra questa, carissimi, la Fede degli ultimi, questi ultimi che non hanno grandi capacità di riflessioni teologiche ma entrano nelle nostre Chiese e non fanno i turisti; entrano nelle nostre Chiese ma accendono una candela perché non sanno fare altro e si rivolgono al Signore con fiducia e vanno a deporre la mano magari sull'immagine della Beata Vergine Maria? Ecco, se riuscirò soltanto a toccare sarò guarita: non vi sembra questa la Fede degli ultimi, la Fede dei piccoli? E' questa Fede che dobbiamo nutrire nei nostri cuori. Davvero, carissimi, che il Signore -anche attraverso questa bella liturgia domenicale che ci riempie di luce, ci riempie di gioia (vi confido che celebro questa Messa, pur tra qualche incertezza rituale, veramente con molta emozione) ci conceda questa grazia: la grazia di avere la Fede dell'Emorroissa, di avere la Fede di questi ultimi del Vangelo, per poter sperimentare che proprio come canta il salmista: Eterna è la misericordia!

Così sia.

SE NON C'E' UNA RAGIONE PER VIVERE...NON C'E' NEMMENO UNA RAGIONE PER ESSERE ONESTI

Gilbert Keith Chesterton scrive in Ortodossia: “I materialisti non riescono mai a comprendere bene neppure il mondo: fanno affidamento in tutto e per tutto su poche massime ciniche non vere. Ricordo che una volta stavo passeggiando con un facoltoso editore, il quale fece un’osservazione che avevo già sentito in altre occasioni; si tratta, in effetti, quasi di un motto del mondo moderno. (…). L’editore disse di qualcuno: ‘Quell’uomo farà strada perché crede in se stesso.’ (…). Gli dissi: ‘Vuole che le dica dove si trovano gli uomini che più credono in se stessi? Perché glielo posso dire. (…) Gli uomini che davvero credono in se stessi stanno nei manicomi.”
Chesterton ha ragione: una delle più grandi follie è quella di credersi sicuri di sé. Attenzione: non semplicemente sicuri, ma sicuri di sé. C’è differenza. Sentirsi sicuri è una virtù, e il non averla può generare problemi, problemi –appunto- di “insicurezza”. Sentirsi sicuri di sé è un’altra cosa. Vuol dire essere convinti che la propria persona può risolvere tutto, che la chiave sta in se stessi, che ognuno può salvarsi da sé, che ognuno è del tutto autosufficiente.
Si deve essere sì sicuri, ma sicuri perché c’è qualcun altro che sostiene, perché si è convinti di non esser soli nell’avventura della vita, perché quell’implorazione e quell’invocazione che scaturiscono dal cuore non possono andare perdute, perché c’è Qualcuno che accoglie quell’implorazione e quell’invocazione e che queste non si smarriranno in un infinito senza risposta.

Perché, cari pellegrini, è bene dedicare la sosta di questo mese di dicembre 2014 ad un argomento come questo?
Perché in questi giorni i mezzi d’informazione ci stanno presentando l’ennesimo caso di corruzione politica, anzi: di commistione tra mafia e politica.
Ebbene, sentendo queste notizie, può lievitare una tentazione, quella di pensare che ciò che è stato ancora una volta scoperto sia l’esito di problemi strutturali, di sistema, d’incapacità da parte dei partiti di non saper “filtrare” adeguatamente e quindi di non saper evitare che disonesti possano “infiltrarsi” e fare i loro sporchi interessi. Oppure (un’altra tentazione) pensare che basterebbe l’educazione civica, e anche un eticismo moralista sparso un po’ di qua e un po’ di là, per cercare di sensibilizzare gli uomini (soprattutto le giovani generazioni) al “rispetto della legalità”, come oggi si ama dire.
No. Queste sono sciocchezze! Il problema è antropologico. Cioè è un problema legato all’uomo. Alla sua natura e al suo destino.
Alla sua natura, perché l’uomo è “ferito”. C’è poco da fare, tutti coloro che negano il peccato originale e le sue nefaste conseguenze, sono poi incapaci a spiegare il mistero dell’uomo e sono costretti a tradire quell’intelligenza che serve per capire adeguatamente la realtà. E’ ciò che ci ha detto Chesterton: “I materialisti non riescono mai a comprendere bene neppure il mondo: fanno affidamento in tutto e per tutto su poche massime ciniche non vere.” Ma davvero si può credere che basterebbe costruire una società ben funzionante per far sì che l’uomo scelga l’onestà, l’altruismo, il costante rispetto delle regole? Un conto è parlare di influenza che la società può avere sulle scelte individuali, altro di determinismo automatico. Da una famiglia sana più facilmente cresceranno dei figli moralmente sani, ma non c’è alcun automatismo; così da una famiglia di delinquenti più facilmente verranno fuori figli che sceglieranno la delinquenza, ma anche qui non c’è alcun automatismo di sorta.

Ma, cari pellegrini, dicevamo che il problema non è solo antropologico ma è anche legato al destino dell’uomo. Se non c’è una vera ragione per vivere, facilmente viene meno anche una vera ragione per essere onesti e per fare tutto ciò che è giusto fare.
L’unica ragione è riconoscere che la propria vita non è frutto del caso, che non siamo “gettati” nel mondo, ma esito di un progetto, che c’è un Logos che fonda la nostra vita e che, se liberamente corrispondiamo, è disposto ad accompagnarci.
Solo questa Ragione ci dà un motivo serio per sacrificarci, per essere responsabili, per essere coraggiosi nel saper dominare noi stessi, le nostre brame, la sete e la fame di potere, la ricerca spasmodica di trovare in questo mondo l’unico spazio per imporre noi stessi.
Solo questa Ragione ci fa capire la bellezza di rimanere fedeli, di rimanere fedeli al vero, a quel vero naturale che senza equivoci ci presenta il bene come bene e il male come male.
Ma se questa Ragione non c’è … meglio: se questa Ragione la si è voluta cancellare dalla vita degli uomini, dalla società, dall’azione politica, dalla cultura, da tutto, è da stolti lamentarsi e chiedersi stupidamente il perché di ciò che accade, il perché di questa corsa al danaro, di questa corsa ad alzare sempre più l’asticella dei propri desideri.

 (Corrado Gnerre - ilgiudiziocattolico.com) 

ELEMENTI DI CATECHESI - 1: DIO (prima parte)

Chi è Dio?
Dio è l’Essere Perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra.

Per comprendere pienamente chi è Dio dovremmo avere un’intelligenza infinita ed essere Dio. Le cose che noi vediamo hanno l’essere, ma non sono l’essere stesso. Dalla minuscola formica all’angelo splendente, tutte le cose esistono perché Dio ha dato loro l’essere, l’esistenza, le perfezioni; hanno l’essere, la bontà, la bellezza, cioè esistono, sono belle e buone, ma non sono l’essere, la bellezza, la bontà, poiché ricevute da Dio.
Sopra tutte le cose finite deve esistere Qualcuno (che noi chiamiamo Dio), che non solo possiede, ha l’essere, la bellezza, la bontà e tutte le altre perfezioni, ma è l’Essere, la Bellezza, la Bontà, la Potenza, la Sapienza e tutte le altre perfezioni.
Dio, Essere perfettissimo, non riceve nulla da nessuno.
Tutto ciò che è, lo è per se stesso; le altre cose ricevono tutto e sono create da Lui. Perciò è il Maestro, la Via, la Verità e la Vita, cioè il modello, la fonte e il termine di tutte le cose perfette, vere e viventi.

RIFLETTO:
Esiste Dio? La sua esistenza è una questione religiosa o scientifica?
La conoscenza di Dio è sicuramente una questione religiosa, se si intende per “questione religiosa” un problema di fede; ma è anche una questione scientifica, poiché la filosofia è una scienza e la nostra intelligenza, filosofando, arriva a questa verità.
L’insegnamento che la Chiesa dà su Dio è un insegnamento teologico, ossia, è composto da verità su Dio che la Chiesa sostiene come rivelate (sia perché sono contenute nella Sacra Scrittura, sia perché sono state sufficientemente rivelate nella tradizione e definite come tali dal magistero della Chiesa), e anche da verità alle quali la nostra intelligenza può accedere muovendo dalle sue forze naturali.
Alcune di queste verità non sono scientificamente raggiungibili poiché oltrepassano la capacità del nostro intelletto; sono così chiamate “misteri intrinsecamente soprannaturali”, e come tali possono essere conosciuti solamente da Dio (per esempio il mistero della Trinità, del peccato originale, dell’Incarnazione di Dio e della sua opera redentrice). La scienza non può raggiungerle con il proprio metodo, poiché questo parte dalle cose naturali e si eleva alla conoscenza delle cause attraverso procedimenti naturali e con la forza che gli dà la sola umana ragione naturale. Però strettamente parlando la scienza non può né rifiutarle né contraddirle ammesso che, proprio per definizione, sfuggono al suo campo. Un cieco non può vedere i colori, ma non può nemmeno dire che non ci siano, né che quello che io vedo bianco è verde, ammesso che non ha la capacità per captarli, sfugge alla sua facoltà. Un sordo non può ascoltare i suoni, né può dire che un’orchestra è stonata, poiché il mondo dei suoni è a lui sconosciuto. La scienza, pertanto, cessa di essere scienza se si mette in un campo che non è il suo. Il problema di Dio (se Dio esiste o no) è il più universale dei problemi, al punto tale che ogni uomo se lo pone, sia da vecchio che da giovane, sia poeta, soldato, artigiano, contadino o filosofo, sia uomo o donna.
E si dichiari come si dichiari: ateo, agnostico o credente; infatti l’ateo è chi davanti a tale considerazione si è corrotto fino alla negazione di Dio; l’agnostico è colui che ha desistito nel suo cammino e il credente è colui che è arrivato al porto.


Che significa perfettissimo?
Perfettissimo significa che in Dio è ogni perfezione, senza difetto e senza limiti, ossia che Egli è potenza, sapienza e bontà infinita.

Le creature possono essere perfette, ma non perfettissime, perché non sono in grado di avere tutte le perfezioni, né di averne alcuna in sommo grado. Solo Dio è perfettissimo e quindi ha il primato magisteriale, perché:  
  1. ha tutte le perfezioni degli esseri creati 
  2. in Lui vi sono tutte le perfezioni possibili
Le nostre perfezioni non sono senza difetto e senza limiti. Sono difettose: noi non conosciamo tutto e quel poco che conosciamo, lo conosciamo male; la nostra potenza non può fare tutto. Sono inoltre limitate nel numero. Infatti non possediamo molte perfezioni, come l’eternità di origine, l’immortalità, ecc.
Invece le perfezioni di Dio sono senza difetto e senza limiti. Se gliene mancasse anche solo una, o la possedesse in modo imperfetto, non sarebbe infinito, e quindi nemmeno Dio.
Dio non solo ha, possiede le perfezioni, ma è tutte e ciascuna delle sue perfezioni.


Che significa Creatore?

Creatore significa che Dio ha fatto dal nulla tutte le cose.

Creare significa fare qualche cosa che prima non c’era; fare dal nulla e con nulla, senza mezzi. Per trarre gli esseri dal nulla si richiede una potenza infinita, propria di Dio solo. Egli solo può creare. Tutte le creature assieme non riuscirebbero a creare un granello di sabbia, in tutta l’eternità.
L’universo esiste forse da tutta l’eternità? No. Tutto ciò che non è infinito ha avuto un principio e finirà. Chi dunque ha dato origine alle cose? Forse il caso? Il caso è disordine e confusione. Da un ammasso di pietrame non sorgerà mai un edificio. Nel mondo invece vi è un ordine mirabile, dal succedersi del giorno, della notte e delle stagioni, ai movimenti degli astri del cielo, all’uomo e all’angelo, tutto è ordine meraviglioso, che suppone un’Intelligenza e una Potenza creatrice e ordinatrice.
Tutte le cose hanno principio da Dio per creazione.


Che significa Signore?
Signore significa che Dio è padrone assoluto di tutte le cose.

Signore significa “padrone” e indica colui che comanda e non riceve ordini da nessuno. L’artista è padrone del quadro che ha dipinto, il falegname del mobile che ha fabbricato. Dio è Signore e padrone assoluto delle cose perché le ha create e continua a esercitare il suo potere conservandole e governandole per via delle leggi naturali e morali.

LE CINQUE VIE PER PROVARE L’ESISTENZA DI DIO:
San Tommaso d’Aquino espose con estrema chiarezza cinque “vie” (poiché sono itinerari attraverso i quali la mente arriva all’esistenza di Dio) per dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio:

  1. la via del movimento _ Ogni movimento suppone un motore; ma così come non si può supporre una serie infinita di motori che si comunichino il movimento l’uno all’altro, ammesso che un numero infinito è tanto impossibile quanto un bastone senza estremità, occorre arrivare necessariamente ad un essere primo che comunichi il movimento senza averlo ricevuto; occorre arrivare ad un primo motore immobile. Orbene, questo primo essere, questa causa prima del movimento, è Dio, colui che con giustizia riceve il nome di Primo Motore dell’universo.
  2. la via della causalità efficiente _ E’ un fatto indiscutibile che nel mondo ci sono esseri viventi che non sono esistiti sempre, ma hanno cominciato ad esistere; ad esempio, qualsiasi persona umana. Ogni persona ha ricevuto la vita dai propri genitori, e questi dai loro, e così via. Orbene: è impossibile prolungare fino all’infinito la lista dei nostri trisavoli. E’ inevitabile arrivare ad un primo essere vivente che sia il principio e l’origine di tutti gli altri. Soppresso il primo, rimangono soppressi automaticamente il secondo, il terzo e tutti gli altri; da ciò si dovrebbe concludere che gli esseri viventi presenti non esistono realmente, il che è ridicolo e assurdo. Quindi esiste un Primo Vivente che è la causa e l’origine di tutti gli altri, ed è semplicemente Dio.
  3. la via per la contingenza degli esseri _ La contingenza delle cose del mondo ci porta con tutta certezza alla conoscenza dell’esistenza di un Essere Necessario che esiste per sé stesso, che chiamiamo Dio. Un essere contingente è un essere che esiste, ma potrebbe non esistere; tali sono tutti gli esseri corruttibili dell’universo. Un essere necessario è un essere che esiste e non può smettere di esistere. Dunque è impossibile che tutte le cose contingenti siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose esistenti in natura sono tali che possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Bisogna giungere all’esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo essere tutti lo chiamano Dio.
  4. la via per i distinti gradi di perfezione _ Partendo da un fatto sperimentale completamente certo ed evidente - l’esistenza di diversi gradi di perfezione negli esseri -, la ragione naturale risale alla necessità di un essere perfettissimo che abbia la perfezione in grado massimo, ossia che ce l’abbia per la propria essenza e natura, senza averla ricevuta da nessuno, e che sia, per questo, la causa o l’origine di tutte le perfezioni che troviamo in gradi molto diversi in tutti gli altri esseri. Orbene: questo essere perfettissimo, origine e fonte di ogni perfezione, è proprio quello che chiamiamo Dio.
  5. la via per la finalità e l’ordine dell’universo _ Se non esiste un Creatore infinitamente saggio e potente, l’ordine dinamico che presiede tutto il cosmo, dalle galassie fino alle abitudini delle api, si deve attribuire al caso. Non c’è una soluzione intermedia. E’ così che il caso non spiega in nessun modo questo ordine. Pertanto, esiste quel Creatore di saggezza e potere infiniti. 


(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X e dal testo Le verità rubate) 

PADRE PIO AI FIDANZATI


Padre Pio, come curava gli sposi e li aiutava a risolvere i loro problemi, così si comportava con i fidanzati. Faceva propri i loro problemi.

Un giovane, nativo di Rovigo, di circa 25 anni, orfano di padre e con la madre miracolata da Padre Pio, decide di sposarsi, ne parla con la madre che lo consigla di avvicinare prima Padre Pio e di consigliarsi sulla ragazza.
Scese allora da Padre Pio, si confessò, presentò la foto della ragazza e si sentì dire: «Questa non fa per te».
Risposta amara da digerire.
Con fatica la lascia e successivamente parla a sua madre di una seconda ragazza, «conosciuta in chiesa», iscritta all'associazione cattolica.
La madre ancora lo convince a ritornare da Padre Pio. Dapprima resiste ma poi va e Padre Pio ripete la prima sentenza.
Il giovane è sconvolto: «Allora, Padre, se mi devo fare frate, me lo dica subito». «No, la tua famiglia te la formerai».
Come proseguirono le sue vicende?
La prima fidanzata, due anni dopo, morì. La seconda si sposò, ma poi disfece la sua famiglia. Lui, con una terza ragazza, formò la propria famiglia allietata da soddisfazioni, lavoro e dalla nascita di diversi figli.

Talvolta il Padre, ai fidanzati, svelava ciò che il suo occhio spirituale vedeva in Dio, oppure si limitava a dare indicazioni. Cercava sempre di coscientizzarli sulla vocazione alla famiglia, mentre oggi solitamente si punta di più all'amore umano.

Regola d'oro era che l'uno e l'altra dovevano essere:

a) di vita cristiana, credenti e praticanti;

b) che lui avesse lavoro garantito e che lei fosse amante della casa;

c) che godessero buona salute;

d) che si piacessero e si volessero veramente bene scambievolmente.


Padre Pio aiutava, guidava, guariva, incanalava verso il bene, senza mai stancarsi, infondendo fiducia, pur difendendo e presentando la legge divina in tutta la sua ampiezza.

Non può essere dimenticato, infine, che proprio per la sua fedeltà alla difesa della legge di Dio contro i corrotti e i corruttori, Padre Pio subì quella che, dagli storici, viene definita la prima persecuzione (1922-1933). Egli mai permetteva al penitente di venire a compromesso con ciò che è intrinsecamente perverso.

(sanpiodapietrelcina.org) 

INIZIATIVA DI CORSIA GIOVANI: CONSACRAZIONE PERSONALE ALLA MADONNA

L'8 dicembre 2014, in occasione della Consacrazione a Maria Santissima di Corsia Giovani, sarà possibile, per quanti lo volessereo, consacrarsi personalmente alla Madonna, previa preparazione mensile seguendo il programma di seguito indicato. La Consacrazione avverrà al termine della S.Messa di lunedì 8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione. Per ulteriori informazioni, scrivere alla Redazione.

Il mese di preparazione alla consacrazione suggerito dal Montfort intende essere un richiamo per tutta la vita: si tratta, quindi, di un impegno ascetico che ci deve accompagnare sempre. Del mese, il Santo offre una traccia suddivisa in quattro tempi. Un tempo, per liberarsi dallo spirito del mondo: occorre preparare il terreno, rivoltare le zolle. Diremmo, con linguaggio evangelico, che non si può mettere il vino nuovo in otri vecchi (cfr. Mt 9,17).

Segue una settimana finalizzata alla conoscenza di sé ed al pentimento dei propri peccati. Le due settimane finali tendono ad una conoscenza migliore di Maria e di Gesù: conoscenza che, per sua natura, dovrebbe portare a convinzioni profonde, ad assimilare ed interiorizzare i princìpi di fede a tal punto da segnare una svolta nella nostra vita.

Consacrazione In forma Personale


La consacrazione mariana è una rinnovazione della consacrazione battesimale, quindi un rinnovo delle promesse battesimali. "Poiché tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo, la più perfetta di tutte le devozioni è senza dubbio quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, essendo Maria, tra tutte le creature, la più conforme a Gesù Cristo, ne segue che, tra tutte le devozioni, quella che consacra e conforma di più un'anima a Gesù Cristo Signore è la devozione alla Santa Vergine, sua Madre e che più un'anima sarà consacrata a Maria, più lo sarà a Gesù Cristo. E' per questo che la perfetta consacrazione a Gesù Cristo non è altro che una perfetta e totale consacrazione di se stessi alla Santa Vergine, che è la devozione che io insegno; o, in altre parole, una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo battesimo."

Dopo aver letto il Trattato si consiglia di procedere inquadrando il mese di preparazione alla consacrazione. Si procede con le varie settimane di preparazione seguendo le riflessioni della settimana e recitando le preghiere previste. A conclusione del mese è prevista la confessione.

Terminato il periodo di preparazione (le quattro settimane), si può fare la consacrazione in forma individuale. San Luigi Maria dà queste indicazioni (cfr. VD 231-232):

INTERVISTA AL DIRETTORE


Riscossa Cristiana parla di noi! - Il sito diretto da Paolo Deotto intervista il direttore di Corsia Giovani, Veronica Tribbia


Che cos’è “Corsia Giovani”?

Corsia Giovani è un blog messo a disposizione dei giovani cattolici finalizzato all’approfondimento della sana dottrina cattolica e alla riflessione sulle varie tematiche di attualità giovanile.

Questo progetto “vuole indicare, attraverso la nostra sincera testimonianza e viva fede, la giusta strada a tutti quei ragazzi che l’hanno persa; vuole diventare un gruppo concreto di giovani cattolici amanti di Dio e della Tradizione della Santa Chiesa Cattolica; vuole accrescere in noi l’amore verso Dio, Maria Santissima e i Santi grazie alla direzione spirituale di un Sacerdote; vuole riflettere e far riflettere, attraverso gli insegnamenti di Gesù, riguardo a tanti argomenti del mondo dove vuole sempre prevalere il laicismo, il disprezzo per la fede e l’ipocrisia”.

In che modo intendete realizzare questo gruppo di ragazzi?

Il blog, oltre ad offrire valide tematiche di attualità su cui poter riflettere, dà ai ragazzi la possibilità di scrivere un loro commento, una propria opinione o giudizio. In questo modo, è possibile creare un vivace scambio di idee tra i giovani partecipanti, che avranno il compito di trovare insieme la verità su questo o quell’argomento: un vero laboratorio di pensiero finalizzato alla salvaguardia della Fede cattolica. Inoltre, a tutti i ragazzi di Corsia Giovani verranno proposti incontri e particolari attività per ritrovarsi tutti insieme.

Come vi è venuta l’idea di creare questo blog?

In questi tempi, essere un buon cattolico significa molto spesso combattere contro quella che è la mentalità del mondo per non perdere la propria fede; soprattutto per i giovani, discernere ciò che è bene e ciò che è male diviene un’impresa difficile in questa società così ambigua: dove si trova la verità? cosa è giusto e cosa è sbagliato? davvero la realtà è relativa a se stessa?

Senza una giusta conoscenza della propria fede, questa diventa una battaglia insostenibile per un giovane che vuole conservare la sua cattolicità. Questo blog è nato dall’idea di offrire ai ragazzi di oggi un efficace aiuto per mantenere la propria fede in Cristo, per conservarla e anzi rafforzarla, senza cadere nel relativismo o nell’ipocrisia.

Cosa si prefigge di raggiungere Corsia Giovani rivolgendosi in modo particolare ai giovani d’oggi?

Innanzitutto la presa della consapevolezza che la vita, nonostante le distrazioni di ogni tipo, rimane il terreno di lotta tra Dio e il Maligno; questo perché la natura dell’uomo, piaccia o meno, è corrotta e ferita, sicché non è possibile sottrarsi al mistero della Grazia e del male: in base al nostro comportamento, noi scegliamo di schierarci dalla parte di Dio o del Nemico.

Se dunque la realtà del vivere è quella appena descritta, dobbiamo riflettere, soprattutto a livello giovanile, dove e in che modo attingere a quella forza divina per superare e vincere tale lotta, nonostante le proprie fragilità e difficoltà messe sotto torchio da una società sempre più cinica e meschina. Dove e come imbattersi nella Grazia, in che modo riconoscerLa, quale segreto lega la Grazia divina alla vita umana affinché questa diventi motivo della propria salvezza?

Padre Pio disse che la vita è una lotta dalla quale non possiamo ritrarci... ma per iniziare a combattere è bene focalizzare un punto: l’inizio della salvezza è la conoscenza del peccato (Seneca). Del resto, soprattutto in questi tempi, troppo spesso ci si dimentica che ciascun essere umano si realizza solamente in relazione con Dio. In caso contrario, privi dello spessore interiore generato dalla relazione col divino, si diventa preda della mediocrità dilagante, della superficialità assunta a sistema di vita. 

LETTERA APERTA AI GIOVANI

Cari giovani,
essere veramente cattolici non vuole dire soltanto credere nei misteri principali della fede, ma significa anche essere pronti a sostenere e a diffondere il Vangelo - così come ci ha ordinato Nostro Signore Gesù Cristo - ad ogni sua creatura, che Egli ama immensamente.

Il vero cattolico infatti ama Dio senza misura, crede con viva fede nelle verità che Dio ha rivelato, vive nel rispetto dei Comandamenti del suo Signore e afferma la sua fede con umiltà e coraggio.

Specialmente, cari giovani, testimoniare la nostra fede è un mezzo efficacissimo di conversione: impariamo dai santi martiri che ottennero non solo il Gaudio Eterno, ma anche innumerevoli conversioni di anime dando la vita in difesa della Verità!

Gesù ha detto: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”: essere cattolici significa essere nella Verità e questa nostra consapevolezza ci dona la pace di Dio.

Oggi la società - in modo particolare la gioventù - è ammalata di quella malattia che è la CRISI DELLA VERITA’: ha perso la fede e ha smarrito la via, e non ha più il discernimento del vero dal falso.

Giovani della Corsia, questo blog (costola della Corsia dei Servi) vuole indicare, attraverso la nostra sincera testimonianza e viva fede, la giusta strada a tutti quei ragazzi che l’hanno persa; vuole diventare un gruppo concreto di giovani cattolici amanti di Dio e della Tradizione della Santa Chiesa Cattolica; vuole accrescere in noi l’amore verso Dio, Maria Santissima e i Santi grazie alla direzione spirituale di un Sacerdote; vuole riflettere e far riflettere, attraverso gli insegnamenti di Gesù, riguardo a tanti argomenti del mondo dove vuole sempre prevalere il laicismo, il disprezzo per la fede e l’ipocrisia.

Giovani soldati di Cristo, combattiamo le tentazioni del mondo come fecero i Santi: con sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza, di perdono ma soprattutto di carità, vincolo della perfezione; “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre.” (Epistola S. Paolo Ap. ai Colossesi, 3, 12-17).

Nella più sincera speranza che questo progetto diventi per noi un saldo punto di riferimento nel rafforzamento della fede, vogliamo affidare alla nostra Santissima Madre tutti i giovani cattolici che seguiranno e si impegneranno nella realizzazione di Corsia Giovani, in attesa della sua Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.

Veronica Tribbia


UN NO, PER IL GRANDE SI


Un giovane e una giovane si conoscono, si frequentano, si vogliono bene. Scoprono di desiderare una vita insieme e, magari, stabiliscono che un giorno diventeranno solennemente e pubblicamente marito e moglie. Un periodo di tempo – più o meno lungo – li separa dal momento in cui, salvo ripensamenti, si uniranno in matrimonio. Come vivere questa particolarissima stagione della vita che è il fidanzamento? Secondo la mentalità corrente, nulla di più normale che quei giovani si comportino come se fossero già sposati.
Nell’insegnamento della Chiesa, invece, soltanto il matrimonio rende lecito il rapporto sessuale tra l’uomo e la donna. Si tratta di un conflitto acutissimo tra il senso comune dei contemporanei e il Magistero petrino; il divieto dei cosiddetti “rapporti prematrimoniali” rischia di risuonare sempre meno ascoltato e compreso, al punto da suscitare perfino nei pastori la tentazione alto scoraggiamento. Non è raro ascoltare il “lamento” di qualche parroco: “Dissuadere i fidanzati dai rapporti prematrimoniali? Figuriamoci, inutile perfino parlarne, non ci capiscono”.

CHE FARE, DUNQUE?
C’è un significato profondamente umano di questo insegnamento che, ininterrottamente e ostinatamente, la Chiesa affida agli uomini di ogni tempo. Bisogna aiutare le persone a riscoprire che non si tratta di un’impuntatura moralistica – “devi fare così perché devi, perché te lo dico io” – né di un sacrificio imposto ai fidanzati per il gusto di mortificarli, né di una prescrizione formalistica. priva di qualsiasi giustificazione razionale.
Come sempre quando la Chiesa insegna una verità morale, la castità al di fuori del matrimonio ha un profondo significato antropologico: è proposta perché “fa bene” all’uomo, rispetta e promuove la sua più intima natura, lo aiuta a comprendere in profondità l’essenza del matrimonio.
Proveremo dunque a offrire alcuni argomenti “umani” che possano aiutare a riaprire gli occhi sulla bellezza di questa “fatica” richiesta ai fidanzati e a chiunque viva al di fuori del matrimonio. Un piccolo prontuario per ragionare sul fatto che il “bene” insegnato dal “Papa e dai preti”‘ alla fine, conviene. E che il sesso prematrimoniale è, in verità, “anti-matrimoniale”.

1) SIGNIFICATO UNITIVO
Una prima constatazione di buon senso: il sesso unisce Crea cioè subito tra gli amanti un’unione affettiva, psichica, emotiva, intima e speciale che nessun’altra relazione è in grado di eguagliare. lì sesso produce un legame, poiché il corpo parla un linguaggio che va anche al di là delle intenzioni coscienti del partner. Ora, poiché questo legame nasce più o meno consapevolmente ogni volta, più partner sessuali si hanno più il legame con ognuno si fa più debole. Il sesso prematrimoniale aumenta drammaticamente le chance di divorzio.

2) ATTESA CHE RAFFORZA
Saper aspettare irrobustisce il legame coniugale, perché il rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno condiviso solo l’uno con l’altro, dopo averlo desiderato senza soddisfano per un certo periodo. Un tempo che li ha visti cimentarsi (e cementarsi) in un impegno che implica aiuto reciproco, buona volontà “incrociata”, crescita nella stima l’un per l’altro.

3) UNA SCELTA VAGLIATA
Il rapporto sessuale prematrimoniale determina un accecante “effetto valanga”, poiché è così affettivamente forte da annebbiare la scelta della persona. Il fidanzamento è tempo di verifica della scelta, tant’è vero che si può ancora ripensarci. Ebbene, se il rapporto lascia insoddisfatti, porta a concludere che i due sono “incompatibili”, mentre magari il matrimonio potrebbe dimostrare il contrario; se, viceversa, risulta soddisfacente, maschera effettive incompatibilità pronte ad esplodere dopo il matrimonio.

4) UNIONE INFRANGIBILE
Esiste un nesso intrinseco fra il sesso e il rapporto stabile tra uomo e donna. Dunque è innaturale creare, attraverso il rapporto sessuale, un’intimità così forte per poi romperla. Ciò avverrà a prescindere dalle intenzioni delle persone: il significato oggettivo del sesso è intatti più importante – prevale – sul significato soggettivo. Il don Giovanni impenitente può credere soggettivamente che nessun rapporto è per lui realmente importante, ma non può evitare che ciascuno di quei rapporti lasci segni profondi nella struttura più intima della sua persona. C’è un fatto inequivocabile: l’effetto unitivo automatico del sesso.

5) MANCA POCO ALLE NOZZE…
A questo punto, un’obiezione classica consiste nell’ipotizzare che due ragazzi abbiano già deciso di sposarsi, e che solo un lasso temporale “organizzativo” (la casa, il lavoro, gli studi…) li separi dal matrimonio. Perché “rifiutarsi” quegli atti che, compiuti dopo le nozze, la Chiesa considera pienamente legittimi? L’errore del ragionamento sta nella premessa: anche in casi simili, il sesso avverrebbe al di fuori di una decisione di esclusività e permanenza. Soltanto il matrimonio è un punto dì non ritorno che cambia la vita. Soltanto il patto matrimoniale è così forte e inclusivo – come scrive il filosofo Fulvio Di Blasi – da giustificare, cioè rendere giusta di fronte a Dio e agli uomini anche l’unione corporea. La castità prematrimoniale è il percorso propedeutico alla comprensione della vera essenza del matrimonio. Non si può capire l’indissolubilità matrimoniale se si rifiuta ottusamente il valore della continenza prima delle nozze.

6) PROVA D’AMORE?
I fidanzati non hanno “il diritto” a possedersi carnalmente per la semplice ragione che ancora non si appartengono. Il sesso fuori dal matrimonio è quindi una specie di furto. Né vale a dissipare la colpa la tesi del sesso come “prova d’amore”. L’amore non si prova. Ci si crede e lo si vive, responsabilmente. Provare una persona è ridurla a oggetto.

7) CONVIVENZA “DI FATTO”
La convivenza “di fatto” è, in tal senso, l’abbaglio più clamoroso per le coppie moderne: infatti, esse pensano in questo modo di “provare” il matrimonio, mentre la convivenza è tutto fuorché una prova di matrimonio, poiché manca della responsabàlità di una vita altrui per tutta la vita, che è tipica solo della promessa matrimoniale. Come scrivono Aduro Cattaneo, Paolo Pugni e Franca Malagò, c’è una bella differenza tra coniuge e compagno: l’uno – da cum e iugum è colui con il quale divido il giogo; l’altro – da cum e panis – colui con il quale divido il pane. Un conto è condividere il pranzo – esperienza aperta ai più svariati incontri – e un conto è mettere in comune la sorte e tutto se stesso. L’amore dei conviventi è tutto tranne che libero; perché un amore libero da impegni è un controsenso. lì motto implicito di ogni convivenza è: “fin che dura”.

8) LA VERITA’ ALLA FINE VINCE
Nonostante queste argomentazioni, resta oggi molto difficile convincere le persone che è meglio sforzarsi di aspettare la prima notte di nozze. Da un lato, gioca in senso contrario la pulsione degli istinti, che la modernità ha pensato di liquidare secondo le parole di Oscar Wilde: “L’unico modo di vincere le tentazioni è assecondarle”. Ma c’è poi un motivo più profondo: i fatti della legge morale sono molto più evidenti nel lungo periodo. Può darsi che ad alcune generazioni possa sfuggire una verità morale. Ma di fronte al lungo cammino della storia, la verità si impone: una società non casta è ricca di divorzi e povera di figli.

9) IMPOSSIBILE AGLI UOMINI, MA NON A DIO
Che cosa dire ai giovani che abbiano fatto esperienza della caduta nel cammino verso il matrimonio? Di solito c’è una tacita convinzione – magari avallata dall’arrendevolezza degli educatori – secondo la quale non è possibile “invertire la rotta” una volta che due fidanzati vivano, sessualmente parlando, more uxorio: “oramai…”, quasi che esistessero persone sottratte alla potenza della grazia santificante per colpa di una scelta o di uno stile di vita sbagliato. È dovere di ogni cattolico invece proporre la verità tutta intera anche a questi fratelli, trasmettendo loro la certezza della misericordia e del perdono di Dio, insieme alla robusta convinzione dell’efficacia degli strumenti che la Chiesa mette a disposizione per “fare nuova” la vita di ognuno. Di fronte alla vertigine che oggi un giovane prova nel sentirsi proporre la castità matrimoniale, valgano sempre le parole così umane degli Apostoli di fronte alla “intransigenza” del loro Maestro: “Dunque, chi potrà salvarsi?”. E la risposta di Gesù: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile” (Mt 19,25-26).
(Mario Palmaro)