Aforisma
“La natura ha posto davanti alla lingua come due porte, cioè i denti e le labbra, per indicare che la parola non deve uscire se non con grande cautela.”
La vita
Mentre il sorgente Regno di Portogallo era in lotta contro i mori invasori, - siamo nel 1195 -, a Lisbona nasce il nostro santo. I suoi genitori, don Martìn Vincencio de Bulhões, un cavaliere del re, e donna Maria Teresa Taveira, lo chiamarono Fernando in onore del fratello del padre.
La madre gli trasmise l'amore per la Madonna, alla quale fu sempre molto devoto. Fu iniziato – come si conveniva allora ad un nobile – all'esercizio delle armi (arco, lancia, spada e bastone) e allo studio della grammatica, della dialettica e della retorica.
Benché gli piacesse molto partecipare alle gare maschili, fin da ragazzino avvertì il fascino del silenzio in chiesa e vi restava finché gli altri lo chiamavano fuori per giocare.
Le aspettative del padre di vedere il proprio primogenito cavaliere si dissolsero un giorno, quando intuì la particolare predilezione di Dio per Fernando. Mentre era a cavallo col figlio per le sue grandi proprietà, lo lasciò solo presso un capanno per andare a chiamare dei contadini che lo aiutassero a scacciare i passeri dai campi. Ritornato, non vedendo più gli uccelli, chiese al figlio spiegazioni. Questi gli rispose che erano tutti nel capanno appollaiati, zitti, in attesa di altri ordini da parte di Fernando. E aprendo la porta del capanno, li mandò via.
A 15 anni entrò nel monastero di Lisbona e poi andò in quello di Coimbra per nove anni. Lì, grazie ad una biblioteca fornitissima e a maestri preparati, conseguì un'eccellente formazione. Ricevette altresì gli ordini sacri. Fu il giorno più bello della sua vita.
Ma qualcosa lo cambiò: la vista dei frati francescani che mendicavano al suo convento e, soprattutto, di quelli morti martiri in terra islamica per testimoniare la propria fede, lo spinsero ad entrare nel romitorio dei Minori col nome di Antonio.
Cercando il martirio in terra pagana, in Marocco Antonio si ammalò gravemente e dovette, con sommo dispiacere, rinunciare all'impresa, accettando la volontà divina.
Durante il ritorno, a causa di una strana tempesta, finì per sbarcare a Messina. Da lì, una volta ristabilitosi, si recò con i suoi confratelli ad Assisi, dove ebbe modo di ascoltare San Francesco nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Un giorno dovette, per obbedienza allo stesso Francesco, predicare ad alcuni fedeli e, estasiando tutti gli uditori, egli comprese che la sua strada era quella di predicare e annunciare il Regno di Dio, in particolare in quel periodo per combattere la pericolosissima eresia Catara, contraria alla chiesa Cattolica, alla procreazione, all'autorità civile e all'ordine naturale.
Famoso è l'episodio a Rimini, in riva al mare, dove il santo si mise a predicare e i pesci, di ogni dimensione e coi più piccoli davanti, con la testa fuori dall'acqua, erano voltati verso il frate per ascoltarlo. Questo perché Antonio si era messo a predicare nella piazza della città ma nessuno voleva ascoltarlo. Allora lui si rivolse ai pesci. Gli abitanti, vedendo ciò, piansero e zittirono.
E per dimostrare ancora ai Catari che la potenza di Dio è riconoscibile anche dagli animali, ci fu l'episodio della mula, a digiuno da tre giorni, che di fronte alla scelta tra una sacco di biada e un'ostia consacrata, si diresse verso l'ostia e si inginocchiò davanti ad essa.
Trentenne, si trovava in Toscana, al funerale di una persona molto ricca, quando, ispirato, gridò di non seppellire il corpo in un luogo consacrato perché la sua anima era dannata ed il cadavere era privo di cuore. Infatti, apertogli il petto, non si trovò il cuore, che rinvenne invece, nel forziere del defunto. (“Dov'è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore”).
Il logorio del suo corpo, che non aveva risparmiato in alcun modo per andare a predicare a piedi ovunque fosse richiesto, faceva presagire al santo la sua fine e perciò scelse Padova come ultima dimora. Da qui, una notte, il santo trasportato a Lisbona per prodigio divino, intervenne a difesa dei suoi familiari, accusati di omicidio, facendo testimoniare in loro favore nientemeno che il ragazzo ucciso, il quale durante il processo resuscitò e testimoniò a favore dei parenti di Antonio. Alla fine della giornata, il santo fu riportato da Lisbona a Padova. Qui predicò e confessò folle di penitenti e numerosi ancora furono i miracoli da lui compiuti, anche dopo la morte, che avvenne il 13 giugno 1231.
Antonio aveva 36 anni e le sue ultime parole furono: “Vedo il mio Signore”.
Venne canonizzato 11 mesi dopo la sua morte e infine, proclamato “Dottore della Chiesa” il 16 gennaio 1946 da papa Pio XII.
La vita
Mentre il sorgente Regno di Portogallo era in lotta contro i mori invasori, - siamo nel 1195 -, a Lisbona nasce il nostro santo. I suoi genitori, don Martìn Vincencio de Bulhões, un cavaliere del re, e donna Maria Teresa Taveira, lo chiamarono Fernando in onore del fratello del padre.
La madre gli trasmise l'amore per la Madonna, alla quale fu sempre molto devoto. Fu iniziato – come si conveniva allora ad un nobile – all'esercizio delle armi (arco, lancia, spada e bastone) e allo studio della grammatica, della dialettica e della retorica.
Benché gli piacesse molto partecipare alle gare maschili, fin da ragazzino avvertì il fascino del silenzio in chiesa e vi restava finché gli altri lo chiamavano fuori per giocare.
Le aspettative del padre di vedere il proprio primogenito cavaliere si dissolsero un giorno, quando intuì la particolare predilezione di Dio per Fernando. Mentre era a cavallo col figlio per le sue grandi proprietà, lo lasciò solo presso un capanno per andare a chiamare dei contadini che lo aiutassero a scacciare i passeri dai campi. Ritornato, non vedendo più gli uccelli, chiese al figlio spiegazioni. Questi gli rispose che erano tutti nel capanno appollaiati, zitti, in attesa di altri ordini da parte di Fernando. E aprendo la porta del capanno, li mandò via.
A 15 anni entrò nel monastero di Lisbona e poi andò in quello di Coimbra per nove anni. Lì, grazie ad una biblioteca fornitissima e a maestri preparati, conseguì un'eccellente formazione. Ricevette altresì gli ordini sacri. Fu il giorno più bello della sua vita.
Ma qualcosa lo cambiò: la vista dei frati francescani che mendicavano al suo convento e, soprattutto, di quelli morti martiri in terra islamica per testimoniare la propria fede, lo spinsero ad entrare nel romitorio dei Minori col nome di Antonio.
Cercando il martirio in terra pagana, in Marocco Antonio si ammalò gravemente e dovette, con sommo dispiacere, rinunciare all'impresa, accettando la volontà divina.
Durante il ritorno, a causa di una strana tempesta, finì per sbarcare a Messina. Da lì, una volta ristabilitosi, si recò con i suoi confratelli ad Assisi, dove ebbe modo di ascoltare San Francesco nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Un giorno dovette, per obbedienza allo stesso Francesco, predicare ad alcuni fedeli e, estasiando tutti gli uditori, egli comprese che la sua strada era quella di predicare e annunciare il Regno di Dio, in particolare in quel periodo per combattere la pericolosissima eresia Catara, contraria alla chiesa Cattolica, alla procreazione, all'autorità civile e all'ordine naturale.
Famoso è l'episodio a Rimini, in riva al mare, dove il santo si mise a predicare e i pesci, di ogni dimensione e coi più piccoli davanti, con la testa fuori dall'acqua, erano voltati verso il frate per ascoltarlo. Questo perché Antonio si era messo a predicare nella piazza della città ma nessuno voleva ascoltarlo. Allora lui si rivolse ai pesci. Gli abitanti, vedendo ciò, piansero e zittirono.
E per dimostrare ancora ai Catari che la potenza di Dio è riconoscibile anche dagli animali, ci fu l'episodio della mula, a digiuno da tre giorni, che di fronte alla scelta tra una sacco di biada e un'ostia consacrata, si diresse verso l'ostia e si inginocchiò davanti ad essa.
Trentenne, si trovava in Toscana, al funerale di una persona molto ricca, quando, ispirato, gridò di non seppellire il corpo in un luogo consacrato perché la sua anima era dannata ed il cadavere era privo di cuore. Infatti, apertogli il petto, non si trovò il cuore, che rinvenne invece, nel forziere del defunto. (“Dov'è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore”).
Il logorio del suo corpo, che non aveva risparmiato in alcun modo per andare a predicare a piedi ovunque fosse richiesto, faceva presagire al santo la sua fine e perciò scelse Padova come ultima dimora. Da qui, una notte, il santo trasportato a Lisbona per prodigio divino, intervenne a difesa dei suoi familiari, accusati di omicidio, facendo testimoniare in loro favore nientemeno che il ragazzo ucciso, il quale durante il processo resuscitò e testimoniò a favore dei parenti di Antonio. Alla fine della giornata, il santo fu riportato da Lisbona a Padova. Qui predicò e confessò folle di penitenti e numerosi ancora furono i miracoli da lui compiuti, anche dopo la morte, che avvenne il 13 giugno 1231.
Antonio aveva 36 anni e le sue ultime parole furono: “Vedo il mio Signore”.
Venne canonizzato 11 mesi dopo la sua morte e infine, proclamato “Dottore della Chiesa” il 16 gennaio 1946 da papa Pio XII.
Curiosità:
Il nome deriva dal greco e significa “Nato prima”. È il protettore di orfani, prigionieri, naufraghi, donne incinte, donne sterili, bambini malati, vetrai e reclute.
Il suo emblema è il giglio.
Sant'Antonio compilò i Sermoni domenicali e festivi.
(Elena Milani & Elisabetta Tribbia)
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