LA FESTA DELL'EPIFANIA

La festa dell’ Epifania è molto antica, sappiamo che si celebrava in oriente già nel III° secolo. Il nome ne indica il senso, infatti epifania viene dal greco e significa manifestazione: Dio si manifesta non solo ai giudei come nel giorno di Natale, bensì anche ai gentili, ai pagani, a tutti gli uomini.
La visione di Isaia[1] che descrive Gerusalemme a cui accorrono i re, le nazioni, la moltitudine di popoli provenienti da lontano cantando le lodi al Signore ed offrendogli oro e incenso è un’immagine della Chiesa, il vero popolo eletto di cui il popolo ebreo non era che un’immagine ed una preparazione.

Con la venuta del Salvatore e la sua morte sulla Croce la realtà rimpiazza la figura. L’Antica Alleanza è soppressa e nel sangue di Gesù viene sancita la Nuova ed Eterna Alleanza[2]. I riti dell’Antico Testamento sono abrogati e diventano superstiziosi, tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza nella fede in Gesù Cristo, unico Salvatore, tramite l’appartenenza alla Chiesa cattolica che continua la sua missione nella storia.[3]
Questa missione consiste nel trasmettere la dottrina di salvezza tramite la predicazione della verità con la quale Gesù che continua a rendersi visibile alle anime di buona volontà di cui i re Magi sono le primizie.

I Magi erano una casta sacerdotale che studiava gli astri e venivano probabilmente dalla Persia. La tradizione ne ricorda tre, Melchiorre Gasparre e Baldassarre. Il loro corpo è venerato in uno splendido sarcofago dorato che si trova nella cattedrale di Cologna.
Gli antichi pensavano che alcuni fenomeni celesti indicassero la nascita di grandi uomini e gli ebrei particolarmente diffusi nella loro diaspora nelle contrade di Babilonia, avevano propagato la fede nel Messia che attendevano.

Una profezia dell’Antico Testamento, sicuramente diffusasi in quelle regioni, affermava che la nascita del Messia sarebbe stata preceduta da un astro miracoloso. Il profeta Balaam, chiamato dal re Balak di Moab per maledire il popolo di Israele che si dirigeva verso la Terra Promessa è obbligato da Dio a benedirlo e nei suoi vaticini, preannuncia il futuro: “Lo vedo ma non nel presente, lo contemplo ma non da vicino: un astro si alza da Giacobbe e uno scettro sorge in Israele”.[4]
Quella stella miracolosa che guida i Magi è un chiaro simbolo della grazia, concessa a Dio a tutti gli uomini per giungere alla fede in Gesù Cristo e poter accedere così alla salvezza eterna.

I Magi sono un chiaro esempio di come Dio non abbandona nessuno ma concede anche a coloro che sono nelle tenebre del paganesimo la possibilità di giungere alla fede. Resta il fatto che ci si salva soltanto tramite Gesù Cristo e appartenendo alla sua Chiesa e mai tramite le false religioni, come purtroppo si insegna oggi dal Concilio Vaticano II.[5]
La grazia è concessa a tutti gli uomini, non tutti però si lasciano penetrare da essa. È un dono che ci lascia liberi, persino di rifiutarlo. Altri sicuramente scorsero la stella miracolosa ma soltanto i Magi ebbero il coraggio di lasciare tutto per seguirla, perché guardavano il cielo, cioè la loro vita non era impantanata nelle passioni e nell’attaccamento disordinata ai beni della terra. La luce di Dio non può illuminare gli uomini che hanno lo sguardo fisso unicamente al suolo, verso i beni materiali o sepolti nel fango dei piaceri impuri. Oltre alla grazia è necessaria la buona volontà, come cantavano gli angeli il giorno della nascita del Salvatore: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Che l’esempio dei Magi ci aiuti ad essere sempre fedeli alla grazia per giungere così, come loro, al Salvatore.


(Don Pierpaolo Petrucci - sanpiox.it)

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[1] Is. 60,1-6

[2] Contrariamente a ciò che purtroppo ha affermato Papa Francesco nella sua Esortazione ApostolicaEvangelii gaudium (n° 247), ribadendo l’erroneo insegnamento sviluppatosi dal Concilio Vaticano II nella Chiesa.

[3] Antica e Nuova Alleanza, Veritas n° 67 marzo-aprile 2009

[4] Num. 24,16

[5] La caratteristica propria delle false religioni è appunto di indurre gli uomini all’errore ed allontanarli così dalla via della salvezza. Abbé Mathias Gaudron Catechisme de la crise dans l’Eglise, ed. Le Sel 2007 p. 115 et ss.

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