CHIESA E IMMIGRAZIONE/5: RIVELAZIONI SULLE MIGRAZIONI DEI POPOLI

Da molto tempo si è diffusa tra la popolazione, dal ceto meno abbiente al ricco presunto intellettuale, la credenza che la creazione di una civiltà multiculturale possa essere benefica: la questione, serissima e di primaria importanza, viene spesso relegata al concetto di poli-etnia, nel senso che viene evidenziata semplicemente la differenza razziale delle persone e poi annichilita ogni resistenza all’ideale modernista con l’infamante accusa di “razzista” o “xenofobo”, quando non addirittura “retrogrado” qualora si cerchi ostinatamente una discussione seria basata sul carattere culturale dei popoli.
L’immigrazione è uno dei principali argomenti della nostra politica; il gruppo al governo, tuttavia, mosso da falso buonismo e incompetenza sostiene che tutti coloro che pretendono di entrare nel nostro paese stiano sfuggendo dalla guerra: ciò non potrebbe essere più falso e ingannevole e, sebbene tali affermazioni siano state smentite più volte, essi persistono nella loro fraudolenta credenza.
Grazie alla ricchezza e allo strapotere dei loro sostenitori, tuttavia, queste idee, attraverso il sistema di disinformazione mediatico, passano come vere, convincendo così la più parte dei nostri connazionali di tale assurdità.


La parte politica intelligente e capace di individuare i problemi e proporre soluzioni reali resta tuttavia inascoltata, se non da parte di una minoranza assolutamente insufficiente, dimostrando ancora l’assurdità del sistema democratico.

Come questo fatto costituisca un problema reale, e anche meno remoto di quanto molti credano, lo possiamo capire analizzando ciò che è già successo a chi ci ha sfortunatamente preceduto.

La crisi che sta attraversando in questo periodo la civiltà europea, dal punto di vista religioso e culturale, può essere assimilata alla situazione socio-politica del tardo Impero Romano.

Dopo oltre mille anni dalla fondazione di Roma del 753 a.C., nel 476 d.C., veniva deposto l’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augusto, da parte di Odoacre.

Un grande storico, Momigliano, ha scritto un importante saggio dal titolo: “La caduta senza rumore di un impero”, ma come si era arrivati al punto in cui l’Impero Romano si era ridotto ad un guscio vuoto, la cui potestà poteva essere abolita da un capo barbaro senza che tutto ciò fosse notato da nessuno? Dobbiamo tornare indietro esattamente a un secolo prima.

Nel 376 d.C. un afflusso improvviso di profughi alle frontiere dell’Impero, aveva dato avvio ad una crisi senza precedenti, che nel giro di due anni culminerà in una catastrofe che per alcuni melodrammatici ha segnato addirittura la fine dell’antichità e l’inizio del medioevo.

La sconfitta più disastrosa per Roma dai tempi di Annibale e di Canne fu la battaglia di Adrianopoli, combattuta il 9 agosto del 378, nella provincia romana di Tracia, e che segnò per Roma davvero la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra, in cui sarebbe stato più difficile tenere sotto controllo i barbari e continuare a credersi l’unica superpotenza mondiale.

L’Impero Romano, nel 378 d.C., quando stavano per cominciare le grandi invasioni barbariche, non era un Impero in declino, e la prova è che i barbari volevano entrarvi.

Una delle tematiche cruciali è sempre quella dei movimenti di popolazione. Noi italiani, con tutti gli altri popoli di lingua neolatina, li chiamiamo da sempre invasioni barbariche, e chiaramente c’è un giudizio di merito dietro a questa denominazione; invece i tedeschi le hanno sempre chiamate migrazioni di popoli e, da quello che ne sappiamo oggi, hanno ragione loro, perché l’incontro tra l’Impero e i barbari, era cominciato già da un pezzo, proprio sotto il segno dell’immigrazione.

Sul campo di battaglia di Adrianopoli i Romani si trovarono non tanto ad affrontare un esercito di invasori, quanto un intero popolo di profughi in cerca di accoglienza, i Goti, uno dei più importanti fra i popoli barbari, e sono proprio loro quelli che una generazione dopo, al comando di Alarico, saccheggeranno Roma, nel famoso sacco del 410 d.C.

Sotto la pressione di un popolo proveniente da Est, gli Unni, i Goti dovettero fuggire dalle loro terre, pur di evitare il massacro che questi stavano perpetrando nel loro Paese.

Dopo lunghi mesi di strada, tra molteplici privazioni, tutti questi fuggitivi avevano raggiunto la riva del Danubio; oltre c’erano i posti di guardia Romani; il loro paese era stato dato alle fiamme, era inselvatichito, i campi non erano stati seminati, e tornare indietro significava morire di fame; chiedevano soltanto di essere lasciati entrare nelle frontiere dell’Impero, e l’imperatore Valente assieme al concistoro decise di accogliere quella moltitudine.

In quella zona, verso il delta, mancavano i ponti e il trasporto doveva essere effettuato attraverso l’acqua; talmente grande era il numero dei profughi, le operazioni andarono avanti per parecchie settimane.

Ammiano è fuori di sé dalla rabbia, all’idea che si siano fatti simili sforzi e sostenute simili spese per aiutare a fare entrare nell’Impero quelli che poi si sarebbero rivelati dei nemici mortali, una folla di pezzenti pericolosi, e ci si dava un gran da fare perché non rimanesse indietro nemmeno uno di quelli che poi avrebbero sovvertito lo Stato Romano.

Anche Eunapio si dice furibondo, dopo che gli ufficiali che avevano tentato di reprimere i tentativi di immigrazione clandestina erano stati rimossi dall’incarico e messi sotto inchiesta, e dopo che i politici per i loro motivi avevano deciso che con gli immigrati bisognava tenere una linea morbida e non avevano nessuna intenzione che i militari usassero i loro sistemi soliti.

E sulla riva romana crebbe un enorme campo profughi, mantenuti a razioni distribuite dall’esercito, e ogni giorno arrivava altra gente, e sulla riva opposta continuavano a giungerne di nuovi essendosi diffusa la notizia che il confine era aperto e che i Romani stessi traghettavano gli immigrati sulla loro sponda.

Dopo un periodo passato all’interno del campo profughi, questi ottennero il permesso di trasferirsi all’interno dell’Impero Romano, dove speravano di ottenere case e terra da lavorare; durante il trasferimento di quella folla immensa attraverso la Tracia, però, il numero di soldati della scorta era troppo ridotto, e sotto le mura della città di Marcianopoli i Romani vennero trucidati.

Dopo l’incidente di Marcianopoli la situazione sfuggì completamente: i diversi tentativi di riportare all’ordine la moltitudine fallirono e vista l’incapacità dei generali di risolvere la crisi, Valente stesso guidò l’esercito nella battaglia di Adrianopoli, quella battaglia, che come ho detto ha cambiato la storia, per Roma, per i barbari, per l’Europa; una battaglia che però non è famosa come Waterloo o Stalingrado, una battaglia in cui l’esercito romano, inferiore di numero, venne sopraffatto.

L’immigrazione massiva di profughi, incapaci di integrarsi con l’educazione romana, ha portato allo scontro tra due culture completamente differenti, la civiltà tradizionale romana e la barbarie bellicosa gotica; ha dato fuoco alla miccia della distruzione, che ha portato, nel giro di un secolo, alla catastrofe definitiva per Roma e per la pace in Europa, riportata solo molto più tardi dai grandi sovrani cristiani.

Ora, l’evidenza mostra come l’incontrarsi di culture ben diverse tra loro porta inevitabilmente alla frizione e allo scontro. Che i progressisti ci invitino ad accogliere un numero sconsiderato di individui che desiderano trasferirsi dal loro paese al nostro sviluppato, è dato solo dal fatto che questi persistono nell’intento diabolico di distruggere la Civiltà Cristiana e che intendono farlo attraverso il subdolo ideale dei diritti umani.

Costoro potrebbero considerare un sistema più caritatevole e cristiano, come tentare di risolvere le ingiustizie e i crimini nei paesi sottosviluppati, insegnare loro a produrre e coltivare, ad allevare e a pescare, e tutte le cose che quegli uomini ignorano, come fecero i missionari cattolici dopo l’epoca delle grandi scoperte coloniali. Potrebbero, ma ciò non adempirebbe all’obiettivo luciferino di annichilire la nostra civiltà.

Per anni hanno perseguito un programma contro la natalità, promovendo aborto e divorzio e ostacolando i progetti matrimoniali e la famiglia tradizionale stessa, con la falsa teoria della sovrappopolazione; oggi ci insegnano che manca manodopera e che gli immigrati costituiscono un elemento fondamentale per la nostra società. Se questa malvagità e questa lungimiranza dei progetti fosse ispirato da un semplice uomo malvagio credo che egli possa meritare un premio per il successo dei suoi progetti, tuttavia temo che ci sia qualcosa di più grande di un’intelligenza umana dietro l’annichilimento dei valori secolari dell’Europa cristiana.

La corruzione dei costumi e della moralità portata dagli immigrati deturpa lo stile di vita e la bellezza intrinseca del mondo cristiano, ma se la Sapienza ha deciso di donarci la vita in questo periodo è altrettanto certo che noi sapremo resistere agli scandali e alle vergogne del nostro secolo.

(Martino Nozza Bielli

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