Capitolo V.
La confessione.
Dalla istituzione del sacramento della penitenza già spiegata, tutta la chiesa ha sempre creduto che sia stata istituita anche, dal Signore, la confessione completa dei peccati (256) e che per tutti quelli che dopo il battesimo siano caduti in peccato essa sia necessaria iure divino; Gesù Cristo, infatti, nostro Signore, poco prima di salire dalla terra in cielo, lasciò i sacerdoti, suoi vicari (257), come capi e giudici (258), cui devono deferirsi tutte le colpe mortali, in cui i fedeli cristiani fossero caduti, perché, in virtù del potere delle chiavi, pronunzino la sentenza di remissione o di redenzione. È chiaro, infatti, che i sacerdoti non avrebbero potuto esercitare questo giudizio senza conoscere la causa né imporre le penitenze con equità, se i penitenti avessero dichiarato i loro peccati solo genericamente, e non invece, nella loro specie ed uno per uno.
Si conclude da ciò che è necessario che i penitenti manifestino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se essi sono del tutto nascosti e sono stati commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo (259), che spesso feriscono più gravemente l’anima, e sono più pericolosi di quelli che si commettono alla luce del sole.
La confessione.
Dalla istituzione del sacramento della penitenza già spiegata, tutta la chiesa ha sempre creduto che sia stata istituita anche, dal Signore, la confessione completa dei peccati (256) e che per tutti quelli che dopo il battesimo siano caduti in peccato essa sia necessaria iure divino; Gesù Cristo, infatti, nostro Signore, poco prima di salire dalla terra in cielo, lasciò i sacerdoti, suoi vicari (257), come capi e giudici (258), cui devono deferirsi tutte le colpe mortali, in cui i fedeli cristiani fossero caduti, perché, in virtù del potere delle chiavi, pronunzino la sentenza di remissione o di redenzione. È chiaro, infatti, che i sacerdoti non avrebbero potuto esercitare questo giudizio senza conoscere la causa né imporre le penitenze con equità, se i penitenti avessero dichiarato i loro peccati solo genericamente, e non invece, nella loro specie ed uno per uno.
Si conclude da ciò che è necessario che i penitenti manifestino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se essi sono del tutto nascosti e sono stati commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo (259), che spesso feriscono più gravemente l’anima, e sono più pericolosi di quelli che si commettono alla luce del sole.