CONTRO IL MODERNISMO - 7: I GERMOGLI DELLA FEDE. SEGUITO DELL'ESPOSIZIONE DELLA FILOSOFIA RELIGIOSA (parte seconda)

Per i modernisti, la Chiesa e lo Stato devono essere due istituzioni dissociate, che operano l'una per un fine spirituale, l'altro per un fine temporale. Nel passato, però, la Chiesa aveva l'autorità temporale che oggi i modernisti non le riconoscono più: essi affermano che un tempo si riteneva che la Chiesa fosse stata istituita direttamente da Dio, come autore dell'ordine soprannaturale, mentre oggi queste credenze sono respinte dai filosofi e dagli storici. C'è di più. Per il modernista, il cattolico deve dissociarsi dal cittadino, nel senso che, in quanto cittadino, il cattolico avrebbe il diritto e dovere di non curarsi dell'autorità, dei desideri, dei consigli e dei comandi della Chiesa, e di fare quello che lui giudicherà utile per il bene della patria. La Chiesa non può nemmeno prescrivere al cittadino una linea di condotta, poiché altrimenti sarebbe un abuso di potere in un campo che non le compete.

Queste teorie, sono già state condannate dal Sommo Pontefice Pio VI nel 28 agosto 1794, nella Costituzione apostolica Auctorem fidei.

[I modernisti non si accontentano certo del fatto che lo Stato si separi dalla Chiesa...] E infatti, secondo i modernisti la Chiesa, nelle cose temporali, deve sottostare allo Stato, proprio come la fede deve sottostare alla scienza. Tale asserzione è chiaramente deducibile per logico raziocinio.

Posto il principio che nelle cose temporali lo Stato sia il solo che può tutto, se accade che il credente, non soddisfatto degli atti religiosi interiori, voglia esprimersi anche esternamente come, per esempio, amministrarsi o ricevere i Sacramenti, bisognerà che questi cadano sotto il dominio dello Stato. E che sarà allora dell'autorità ecclesiastica? Poiché essa non può essere esercitata se non per atti esterni, dovrà essere in tutto e per tutto soggetta allo Stato.

Qualora dunque i modernisti vincessero, non sarebbe più possibile mantenere un culto esterno, né alcuna società religiosa. Prova ne sia che molti protestanti liberali aboliscono ogni culto esterno ed ogni esterna società religiosa, e si sforzano di introdurre una religione puramente individuale.

Se i modernisti non sono ancora arrivati fino a questo punto, tuttavia chiedono che la Chiesa si pieghi spontaneamente là dove essi la vogliono condurre, e si conformi alle istituzioni civili. Tutto questo sul piano disciplinare.

Riguardo poi l'autorità dottrinale e dogmatica, quello che i modernisti pensano è di gran lunga peggiore.

La nozione del magistero ecclesiastico è intesa come la fusione della coscienza comune, una sorta di mente che ha sufficiente autorità per imporre alla comunità una formula stabilita. Insomma, per i modernisti la comunità è formata da una duplice unità: l'unità di coscienza dei suoi membri e l'unità di formula, che risponda più possibile alla coscienza comune. Una pura democrazia, insomma. Se dunque il magistero nasce dalle coscienze dei singoli, ed esercita un pubblico servizio per il bene delle stesse coscienze, ne deriva necessariamente che esso dipende dalle coscienze stesse, e pertanto deve piegarsi a forme popolari. Quindi proibire che le singole coscienze possano professare apertamente i sentimenti e le opinioni che sentono, e impedire la via della critica che porta il dogma verso necessarie evoluzioni, non è un uso di potere concesso per pubblico bene, ma un abuso.

[Insomma, per far contenti i teologi modernisti bisogna trovare una via di mezzo tra i diritti dell'autorità e la libertà del singolo. Nel frattempo, il cattolico è tenuto a mostrarsi pubblicamente rispettosissimo dell'autorità, e obbedientissimo al proprio temperamento...! I modernisti si dimenticano che la religione, anche se riguarda le anime, non può essere ristretta soltanto a queste, e che l'onore tributato all'autorità ecclesiale ridonda su Cristo, che l'ha istituita.]

Per completare questo studio sulla dottrina dei teologi modernisti, ci resta di analizzare la spiegazione che i modernisti danno sullo sviluppo della fede e dei suoi germogli.

Il principio generale è questo: la religione, perché viva, deve essere disposta al cambiamento. E qui, entrano in quella via che nella loro dottrina è quasi il punto principale: l'evoluzione...

continua ...

(Veronica Tribbia - Dal catechismo sul modernismo secondo l’enciclica “Pascendi” di papa S. Pio X) 

Nessun commento:

Posta un commento