Al preventorio i figli dei lebbrosi hanno commemorato con un simpatico festival l’anniversario dell’apparizione della Vergine in Fatima. Il palco era ripieno di fiori e di bandiere. Sul palco vi era un altare e sull’altare la Madonna. I bimbi hanno declamato le loro poesie e cantato i loro inni. Io ero presente perché avevo una missione da compiere. Importantissima. Dovevo consegnare a Mariuccia la bambola che le bambine di Milano le avevano offerto.
“Miei piccoli amici, nel mio breve viaggio in Italia ho raccontato così ai bambini di Milano la storia di Mariuccia:
- cerchiamo insieme sull’atlante geografico l’America Latina. La nazione più estesa è il Brasile: pensate, ventisei volte l’Italia! Leggiamo ora i nomi delle città brasiliane, che sorridono sulla costa dell’Oceano Atlantico: Santos, Rio de Janeiro, Bahia, Fortaleza, Parnaiba. Eccoci arrivati alla cittadina dove abito io, dove c’è il mio lebbrosario e dove vive pure Mariuccia.
È una storia molto triste quella di Mariuccia, storia iniziata otto anni fa nel lebbrosario. Fu proprio là in una casetta di paglia che nacque Mariuccia. L’infermiera era presente e si portò via subito la creaturina, senza permettere ai genitori di baciarla neppure una volta sola.
E Mariuccia crebbe al preventorio, senza mai vedere la mamma. Non sorrideva quasi mai ed aveva due occhioni così tristi che mi facevano male al cuore. Arrivò il giorno della prima Comunione e vidi arrivare in chiesa Mariuccia, bella nel suo vestito tutto bianco. Ma notai che, dopo aver ricevuto l’Ostia santa, ella nascose il viso tra le mani e tremava.
Usciti dalla chiesetta i bambini mi circondarono festosi, per ricevere i regali. Mariuccia però rimase nascosta in un angolo con la testina bassa.
Mi avvicinai:
Mariuccia, e tu non lo vuoi un regalo? -
Sì –
Cosa vuoi? –
Voglio vedere la mamma –
La portammo al lebbrosario. E la mamma venne, trascinandosi a stento. Ma rimase di là dal muro.
Mariuccia guardò quella donna stanca e tutta piagata, poi cominciò a tremare e a respirare forte, ed infine scoppiò in pianto.
Non si udì nemmeno una parola. Vedemmo solo due mani che si alzavano e si agitavano in segno di saluto e di addio”.
I bimbi del preventorio ascoltavano attenti.
In fondo era un poco la storia di ognuno di loro.
Rivedevo nelle loro pupille la stessa commozione che avevo ammirato in quelle dei bimbi di Milano. Ma il mio sguardo si posava su Mariuccia.
Ella non sospettava di nulla. Accompagnò inizialmente le mie parole con ansiosa avidità: la poverina rievocava. Poi comprese che la bimba della mia storia era proprio lei, e i suoi occhi si velarono di lacrime.
“Vieni qua Mariuccia”, la piccola si collocò vicino all’altare della Madonna.
“C’è pure una letterina per te. L’hanno scritta le alunne di una classe elementare di Milano che hanno ascoltato il racconto della tua vita.
Senti:
Milano, febbraio 1962
Non piangere Mariuccia. Noi ti vogliamo bene, come pure vogliamo bene a tutti i fanciulli poveri. In dono ti mandiamo una bambola, portata dalla nostra compagnia Parmesani, dicendoti ancora di no piangere più…”.
“Miei piccoli amici, nel mio breve viaggio in Italia ho raccontato così ai bambini di Milano la storia di Mariuccia:
- cerchiamo insieme sull’atlante geografico l’America Latina. La nazione più estesa è il Brasile: pensate, ventisei volte l’Italia! Leggiamo ora i nomi delle città brasiliane, che sorridono sulla costa dell’Oceano Atlantico: Santos, Rio de Janeiro, Bahia, Fortaleza, Parnaiba. Eccoci arrivati alla cittadina dove abito io, dove c’è il mio lebbrosario e dove vive pure Mariuccia.
È una storia molto triste quella di Mariuccia, storia iniziata otto anni fa nel lebbrosario. Fu proprio là in una casetta di paglia che nacque Mariuccia. L’infermiera era presente e si portò via subito la creaturina, senza permettere ai genitori di baciarla neppure una volta sola.
E Mariuccia crebbe al preventorio, senza mai vedere la mamma. Non sorrideva quasi mai ed aveva due occhioni così tristi che mi facevano male al cuore. Arrivò il giorno della prima Comunione e vidi arrivare in chiesa Mariuccia, bella nel suo vestito tutto bianco. Ma notai che, dopo aver ricevuto l’Ostia santa, ella nascose il viso tra le mani e tremava.
Usciti dalla chiesetta i bambini mi circondarono festosi, per ricevere i regali. Mariuccia però rimase nascosta in un angolo con la testina bassa.
Mi avvicinai:
Mariuccia, e tu non lo vuoi un regalo? -
Sì –
Cosa vuoi? –
Voglio vedere la mamma –
La portammo al lebbrosario. E la mamma venne, trascinandosi a stento. Ma rimase di là dal muro.
Mariuccia guardò quella donna stanca e tutta piagata, poi cominciò a tremare e a respirare forte, ed infine scoppiò in pianto.
Non si udì nemmeno una parola. Vedemmo solo due mani che si alzavano e si agitavano in segno di saluto e di addio”.
I bimbi del preventorio ascoltavano attenti.
In fondo era un poco la storia di ognuno di loro.
Rivedevo nelle loro pupille la stessa commozione che avevo ammirato in quelle dei bimbi di Milano. Ma il mio sguardo si posava su Mariuccia.
Ella non sospettava di nulla. Accompagnò inizialmente le mie parole con ansiosa avidità: la poverina rievocava. Poi comprese che la bimba della mia storia era proprio lei, e i suoi occhi si velarono di lacrime.
“Vieni qua Mariuccia”, la piccola si collocò vicino all’altare della Madonna.
“C’è pure una letterina per te. L’hanno scritta le alunne di una classe elementare di Milano che hanno ascoltato il racconto della tua vita.
Senti:
Milano, febbraio 1962
Non piangere Mariuccia. Noi ti vogliamo bene, come pure vogliamo bene a tutti i fanciulli poveri. In dono ti mandiamo una bambola, portata dalla nostra compagnia Parmesani, dicendoti ancora di no piangere più…”.
Consegnai il regalo a Mariuccia che se lo strinse al cuore.
I figli dei lebbrosi scoppiarono in un prolungato applauso.
Rivedo il sorriso di Mariuccia, penso che perfino la Madonna deve essersi commossa.
Ora comprendo che non vi è nulla di più bello al mondo che l’incontro dei cuori. In confronto l’O.N.U., le conferenze di cupola, gli incontri tra i grandi capi di stato, mi sembrano tutte sciocchezze.
E vorrei poter realizzare il sogno di una alleanza internazionale fra tutti i bambini: bianchi, moretti, neri, dell’Europa, dell’America, dell’Africa…
Rivoluzioneremmo il mondo in nome della bontà.
Grideremmo a tutti il nostro messaggio di fanciulli: perché dirigere l’umanità con armi e minacce, quando Dio ci ha dato un cuore per volerci bene e vivere insieme?
(Padre
Valentino Lazzari - Vescovo di Grajaù - Brasile - Dal libro
"Ho baciato una bambina - Piccole storie del mio lebbrosario di
Carpina")
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