Abbiamo parlato del modernista filosofo. Ora, giungendo al credente, cerchiamo di capire la differenza, nel medesimo modernista, tra credente e filosofo.
Il filosofo ammette come oggetto della fede la realtà divina, limitandola ad un sentimento od affermazione presenti nell’animo del credente. In questo modo, non oltrepassa la sfera del fenomeno, né si preoccupa se questa realtà esista o meno al di fuori del sentimento e dell’affermazione.
Il credente, invece, non dubita che la realtà del divino esiste per se stessa, e non dipende dal credente.
Questa asserzione del credente, per i modernisti, si basa sull’esperienza individuale di ciascun uomo; i modernisti si allontanano in questo modo dai razionalisti e si avvicinano all’opinione degli pseudo-mistici.
Secondo i modernisti, infatti, il credente arriva alla realtà divina senza alcun intermediario, ma tramite un intuito del cuore; questa auto-persuasione dell’esistenza di Dio sarebbe molto più convincente di qualsiasi altra scoperta scientifica, e quindi molto superiore a qualsiasi esperienza razionale. Come si spiega che vi siano alcuni uomini che negano questa esperienza allora? Un razionalista, ad esempio, non vuol porsi nelle condizioni morali richieste per ottenerla.
Il filosofo ammette come oggetto della fede la realtà divina, limitandola ad un sentimento od affermazione presenti nell’animo del credente. In questo modo, non oltrepassa la sfera del fenomeno, né si preoccupa se questa realtà esista o meno al di fuori del sentimento e dell’affermazione.
Il credente, invece, non dubita che la realtà del divino esiste per se stessa, e non dipende dal credente.
Questa asserzione del credente, per i modernisti, si basa sull’esperienza individuale di ciascun uomo; i modernisti si allontanano in questo modo dai razionalisti e si avvicinano all’opinione degli pseudo-mistici.
Secondo i modernisti, infatti, il credente arriva alla realtà divina senza alcun intermediario, ma tramite un intuito del cuore; questa auto-persuasione dell’esistenza di Dio sarebbe molto più convincente di qualsiasi altra scoperta scientifica, e quindi molto superiore a qualsiasi esperienza razionale. Come si spiega che vi siano alcuni uomini che negano questa esperienza allora? Un razionalista, ad esempio, non vuol porsi nelle condizioni morali richieste per ottenerla.
[Dunque, per i modernisti, questa esperienza produce un credente... Quanto siamo lontano dai cattolici! Queste invenzioni, già condannate nel Concilio Vaticano I, spalancano la via all’ateismo ]
E’ evidente che i modernisti, secondo la loro dottrina dell’esperienza, unita a quella del simbolismo, devono ammettere la verità di tutte le religioni, anche quella dei pagani. Così, sostenendo che tutte le religioni sono vere, negano che la Verità sia solo nel cattolicesimo. Al massimo, i modernisti possono forse ritenere che la religione cattolica, perché più vigorosa, contiene più verità!
Quello che più stupisce è che vi siano persone cattoliche e sacerdoti che, sebbene aborriscano a tali mostruosità, tuttavia agiscono come se le approvassero. Infatti, tributano elogi ai maestri di tali errori; li onorano pubblicamente, e in tal modo ciascuno può persuadersi che onorino non le persone, ma piuttosto gli errori che quelli sostengono.
C’è di più...
I modernisti intendono la tradizione come se fosse una certa comunicazione agli altri dell’esperienza originale per mezzo della predicazione, come formula intellettuale. A questa formula, dicono, oltre la forza rappresentativa attribuiscono una potenza suggestiva: questa suggestione servirebbe per eccitare il sentimento religioso forse intorpidito e ridare l’esperienza già provata in precedenza, oppure per generare in quelli che non credono quel sentimento e produrre l’esperienza.
In tal modo l’esperienza religiosa viene tramandata ai popoli o con libri, o con trasmissione orale, e se questa sopravvive e acquista vigore, allora è considerata vera per i modernisti.
Se verità e vita sono per i modernisti la stessa cosa, si può ancora concludere che tutte le religioni, poiché vivono, sono vere.
Quali sono le relazioni che i modernisti stabiliscono tra scienza e fede?
La fede e la scienza non potranno mai essere in contrasto perché ciascuna opera in un campo suo, e perciò non incontrandosi mai, non potranno mai nemmeno contraddirsi.
Spieghiamo. La materia oggetto dell’una è completamente estranea alla materia dell’altra, ed è da essa disgiunta. La fede si occupa unicamente di quello che la scienza dichiara inconoscibile, mentre la scienza si limita allo studio dei fenomeni.
Se si obiettasse che nella realtà esistono cose che appartengono anche alla fede, come la vita umana di Cristo, ebbene i modernisti lo negherebbero. Pertanto, a chi chiedesse ulteriormente se veramente Cristo ha operato miracoli, la scienza agnostica negherebbe, mentre la fede lo affermerebbe.
Non si pensi che per i modernisti scienza e fede siano separate da non avere nessuna subordinazione tra loro. La fede sarebbe subordinata alla scienza per ben tre motivi:
1. Ogni fatto religioso, tolta la realtà divina, della quale solo chi crede ha esperienza, tutto il resto non trascende minimamente dalla sfera dei fenomeni (specialmente le formule religiose), perciò cadrebbe nell’ambito scientifico. Si estranei pure dal mondo il credente, ma non potrà comunque sfuggire alle indagini e ai giudizi della scienza e della storia.
2. Dio, si è detto, è oggetto della sola fede, ciò lo si può concedere per quanto riguarda la realtà divina, ma non si può dire dell’idea di Dio. Quest’ultima è soggetta alla filosofia, scienza della conoscenza, che potrà conoscerla, dirigerla e pure correggerla se avrà invaso un campo estrinseco. Da qui l’assioma dei modernisti: occorre coordinare l’evoluzione religiosa con quella morale e intellettuale.
3. L’uomo non può sopportare in sé un dualismo: per il credente urge accordare la fede con la scienza, per non dissentire dall’idea generale che la scienza offre di tutto questo mondo.
[Così dunque si conclude che la scienza è assolutamente indipendente dalla fede, mentre la fede, sebbene la si proclami estranea alla scienza, è ad essa sottomessa. ]
Pio IX e Gregorio IX proclamavano: E’ compito della filosofia, in tutto ciò che è pertinente alla religione, non dominare ma servire; non prescrivere quello che si deve credere, ma accettarlo con ragionevole ossequio; non scrutare l’altezza dei misteri di Dio, ma umilmente e devotamente venerarla.
Alcuni tra voi, gonfiati come otri dallo spirito di vanità, si affannano con profana novità a trasferire i termini posti dai Padri della Chiesa, abbassando la comprensione della pagina celeste... alla filosofica dei razionali, non per profitto degli uditori, ma per far pompa di scienza... Gli stessi, sedotti da dottrine varie e peregrine, mutano il capo in coda, e costringono la regina a servire l’ancella.
(Veronica Tribbia - Dal catechismo sul modernismo secondo l’enciclica “Pascendi” di papa S. Pio X)
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