Il 16 novembre scorso, nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta, abbiamo avuto la grazia di partecipare alla Santa Messa in rito antico celebrata da tre sacerdoti e ben dieci seminaristi della Fraternità Sacerdotale San Pietro di Wigratzbad (Germania). Un fatto molto raro che accade nella nostra diocesi!!!
Ogni gesto, ogni riverenza, ogni preghiera, ogni canto ci hanno comunicato la bellezza che è racchiusa nel rito antico. E' stato come essere in paradiso!!!
Riportiamo il Vangelo di quella domenica con la trascrizione dell' efficace omelia di Mons. Ravotti.
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(
Alberto e Rossana)
(Mt 9, 18-26) In quel tempo mentre Gesù parlava alle turbe ecco che uno dei capi gli si accostò dicendo: Signore or ora mia figlia è morta ma vieni, poni la Tua mano su di lei e vivrà. Gesù alzatosi, gli andò dietro con i suoi discepoli. Quand'ecco una donna che da dodici anni pativa una perdita di sangue, gli si accostò da dietro e toccò il lembo della Sua veste; diceva infatti tra sé – Se solo riuscirò a toccare la Sua veste, sarò guarita -. Gesù rivoltosi e vedutala, le disse: “Abbi fiducia o figlia: la tua Fede ti ha salvata”. E da quel momento la donna guaì. Giunto che fu alla casa del capo, vedendo dei suonatori e una turba di gente rumoreggiante, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta ma dorme”. E Lo deridevano. Ma dopo che la gente venne fatta sgombrare, Egli entrò, prese la giovane per mano ed ella si alzò. E la fama di Gesù si diffuse per tutto quel paese.
Omelia di Mons. Jean Pierre Ravotti (trascrizione by Elena Milani)
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, così sia.
Ecco, carissimi amici, siamo giunti qui a Bergamo da orizzonti diversi: ci sono innanzitutto Don Calvini e i seminaristi che giungono da Wigratzbad ed è questo il motivo che ha determinato questo nostro incontro; poi, mi pare, oggi c'è questo vostro peregrinare qui a Santa Maria Maggiore per venerare la Vergine Maria e per vivere la grazia unica e ineffabile di questo momento eucaristico e poi, permettetemi di aggiungere, ci sono anch'io, arrivato dalla diocesi di Mondovì e per l'amicizia con don Calvini ed i seminaristi ho voluto unirmi a voi oggi in questo giorno; ecco voi sapete che siamo nelle ultime domeniche dell'anno liturgico; il pensiero si fa anche un po' più grande, un po' più riflessivo, soprattutto il pensiero orientato verso le ultime verità: queste ultime verità alle quali, nel mondo di oggi, preoccupato soprattutto di godersi la vita, si pensa così poco: la venuta del Signore, il giudizio di Dio sulla nostra vita.
Ecco credo che occorre sottolineare come la liturgia di queste ultime domeniche dell'anno liturgico sia un invito a pensare alle ultime realtà: al giudizio di Dio sulla nostra vita, alla nostra capacità di Fede e per così dire anche alla qualità della nostra Fede. Vi sono nel Vangelo anche - non dimenticatelo carissimi - delle parole preoccupanti del Maestro: quando il Figlio dell'uomo tornerà troverà la Fede sulla terra? In alcune pagine che a noi sembrano veramente - e lo sono – drammatiche, ecco si ha l'impressione che la Fede non sia mai poi così scontata per l'umanità. Si ha l'impressione che la Chiesa negli ultimi tempi dovrà essere segnata da grandi prove - questo il Vangelo lo lascia comprendere chiaramente -. Allora come rispondere a questa situazione per certi versi drammatici? La parola di Dio in questa ventitreesima domenica dopo Pentecoste risponde infondendo nei nostri animi la speranza, la fiducia, il coraggio: mi pare che tutti i testi della liturgia di questa domenica, per iniziare dal canto di ingresso, sono un invito alla fiducia nel Signore. Da cosa nasce - carissimi - questa nostra fiducia? Nasce dalla certezza che Dio ascolta sempre la nostra preghiera. C'è anche tra i vespri della liturgia di questa domenica il primo versetto del De Profundis che non solo è la preghiera per i defunti ma che un grido immenso di speranza, e di fiducia: - dal profondo Signore io grido a Te, Signore ascoltami -.
Leggete, meditate il De Profundis che è veramente la preghiera dell'uomo provato, dell'uomo derelitto, dell'uomo angosciato: chi non si angoscia difronte alla morte, chi non si angoscia difronte alla strada intrapresa dalla nostra società (e qui c'è ben di che preoccuparci)? Ma nonostante tutto i nostri occhi devono essere rivolti al Signore, a Lui che è la fonte della nostra fiducia, a Lui che è la fonte della nostra speranza (e vorrei ricordarvi, carissimi, che aver Fede, contrariamente a quanto pensano alcuni intellettualoidi, aver Fede non vuol dire aver chiarito tutti i nostri problemi con la nostra testa. Certo, non ci è proibito di pensare e di essere dei cristiani intelligenti: non sta scritto da nessuna parte che dovremmo essere più stupidi degli altri, semmai il contrario. Però ricordatevi che la Fede non è prima di tutto una questione di intelligenza; la Fede è una questione di fiducia. Credere significa fidarsi di Dio. Lo dice l'etimologia stessa della parola -fides- anche in italiano. Per noi italiani è ancora più facile comprenderlo: tra -fides- e -fiducia- c'è la stessa radice etimologica. La Fede essenzialmente è questione di fiducia. Credere significa non comprendere il mistero di Dio: cosa volete che comprenda la nostra testolina dell'immenso mistero di Dio? Ma credere significa poggiare su Dio. Essere certi che il Signore è lì presente e operante).
Mi piace, carissimi, ricordarvi le parole di Paolo che sono davvero stupende in questo brano della lettera ai Filippesi. L'apostolo che osa dire ai suoi cristiani - Fatevi miei imitatori-. Chi di noi potrebbe dire la stessa cosa? Ecco, fatevi miei imitatori, eppure nella coerenza della nostra vita cristiana dovremmo poter dire agli altri -Fatevi miei imitatori, vivete secondo l'esempio che vi diamo-. Ecco, il cristiano, e questo per noi è chiarissimo, il cristiano non ha come riferimento il mondo; il cristiano ha come riferimento Gesù Cristo. Il cristiano ha come riferimento coloro che vivono nella grazia di Gesù Cristo, e la Chiesa, pur tra tante debolezze e tanti peccati, la Chiesa risplende anche - bisogna sottolinearlo - per questa immensa fiducia nel Signore e per questa vita in conformità con la volontà di Dio. L'apostolo qui sottolinea alcuni comportamenti del mondo che sono ben lontani e che addirittura l'apostolo definisce nemici della Croce di Cristo.
I nemici della Croce di Cristo sono anche attorno a noi, nel mondo di oggi, coloro che si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi. Nelle tante scelte concrete della società di oggi anziché glorificarci come lo fa la società pensando che tutto sia una conquista civile o una conquista sociale. Penso per esempio al divorzio, all'aborto e mettetene finchè volete, queste scelte assurde poiché anzichè scelte di avvenire e di vita sono scelte di morte; ecco, di queste scelte gli uomini dovrebbero vergognarsi. Ha ragione l'apostolo: dovrebbero vergognarsi... non parliamo poi di certe altre scelte folli che sta facendo la società di oggi (risparmiatemi di dover scendere in concreto perché farei delle polemiche che non finiscono mai... e giustamente! giustamente si polemizza perché sono scelte folli, scelte all'opposto della luce di Dio e all'opposto della volontà di Dio. Pensate al matrimonio tra persone dello stesso stesso: realtà aberranti... aberranti veramente). Qui ha ragione l'apostolo: questa gente dovrebbe vergognarsi delle scelte che fa; queste persone si comportano da perfetti nemici di Cristo. L'apostolo invece invita i cristiani a rimanere fermi; attenzione, carissimi, -fermi- non significa che dobbiamo essere immobili; -fermi- significa che dobbiamo essere radicati nel Signore; ecco la fermezza per noi cristiani; la fermezza significa essere ancorati in una fedeltà senza discussione al Vangelo del Signore Benedetto.
E allora l'apostolo semina così dei consigli ad alcuni cristiani della comunità di fedeli e questo ci dimostra che l'insegnamento evangelico non soltanto è una bella teoria ma l'insegnamento evangelico scende anche nella pratica. Qui l'apostolo parla a due donne di cui non sappiamo granchè. Però percepiamo dal contesto che queste donne dovevano litigare tra di loro. Vorrei fare una battuta umoristica: le donne quando sono in pace sono veramente grandi e formidabili, ma quando le donne si mettono a litigare sono guai senza fine! Mi direte: ma anche per gli uomini vale la stessa cosa! Sì, ma le donne vanno sempre oltre perché fanno le cose con maggiore pienezza degli uomini! Tornando a noi, probabilmente queste due donne, Evodia e Sintiche, non erano in buona armonia fra di loro e l'apostolo invita queste donne a ravvedersi; e tanto più è sorprendente il fatto che se voi studiate il nome greco di queste due cristiane, Evodia e Sintiche, vedrete che il loro nome significa pace, incontro, dialogo (evodio è la via dell'incontro, sintiche l'incontro proprio, essere insieme). L'apostolo sembra quasi fare dell'umorismo: voi che avete questi nomi così belli! ma non basta avere dei nomi belli. Ci si può anche chiamare Ilario e non essere sempre portatore di gioia. Faccio l'esempio di Ilario, ovviamente Ilario significa gioia quindi l'apostolo sembra quasi fare un po' di umorismo e dire a queste due cristiane: siate fedeli al nome che portate. vivete in buona intelligenza, vivete in pace. Vorrei, per terminare e per non esasperare anche la vostra pazienza, sottolineare la luce di questa pagina di Vangelo: la guarigione. Sono due i miracoli che si intrecciano in questa bella pagina di Matteo: quella della figlia del capo ebraico e poi la cosiddetta Emorroissa. Vorrei sottolineare che questo Vangelo mette in luce la Fede dei piccoli e noi, credo tutti, ci sentiamo davvero parte di questi piccoli, di questi umili, ai quali il Signore rivela i suoi misteri.
Quello che conta, credetemi, davanti al Signore non è il glorificarci della nostra cultura, della posizione che abbiamo... quello che conta davvero davanti al Signore è l'umiltà, la fiducia con la quale ricorriamo a Lui, la semplicità con la quale spontaneamente diamo prova di fiducia nel Signore...e qui ce ne dà una grande esempio la cosiddetta Emorroissa del Vangelo. Una donna straordinaria, una donna la cui fiducia illimitata - notate che si accosta a Gesù con grande umiltà – le farà dire: - Se riuscirò soltanto a toccare la frangia del suo abito sarò guarita- . Non vi sembra questa, carissimi, la Fede degli ultimi, questi ultimi che non hanno grandi capacità di riflessioni teologiche ma entrano nelle nostre Chiese e non fanno i turisti; entrano nelle nostre Chiese ma accendono una candela perché non sanno fare altro e si rivolgono al Signore con fiducia e vanno a deporre la mano magari sull'immagine della Beata Vergine Maria? Ecco, se riuscirò soltanto a toccare sarò guarita: non vi sembra questa la Fede degli ultimi, la Fede dei piccoli? E' questa Fede che dobbiamo nutrire nei nostri cuori. Davvero, carissimi, che il Signore -anche attraverso questa bella liturgia domenicale che ci riempie di luce, ci riempie di gioia (vi confido che celebro questa Messa, pur tra qualche incertezza rituale, veramente con molta emozione) ci conceda questa grazia: la grazia di avere la Fede dell'Emorroissa, di avere la Fede di questi ultimi del Vangelo, per poter sperimentare che proprio come canta il salmista: Eterna è la misericordia!
Così sia.