CORSIA GIOVANI E' TUTTO NUOVO!

Cari lettori, abbiamo il piacere di ufficializzare l'aggiornamento di Corsia Giovani, il blog della Corsia dei Servi.

Non si tratta soltanto di un vero e proprio restyling grafico che renderà sempre più piacevole la visita e la lettura dei vari post; la novità vera e più importante riguarda i contenuti, e cioè la sostanza: Corsia Giovani si specificherà nella formazione di base per chi intende conoscere (e incominciare ad approfondire) la dottrina cattolica.

Questa è la  missione che caratterizza il blog e che intende perseguire, come risulta chiaramente nell'atto di consacrazione alla Madonna Immacolata, avvenuto l'8 dicembre 2014: divenire strumento  per rafforzare, difendere e diffondere la sana dottrina cattolica a tutti coloro che sono alla ricerca della vera fede in nostro Signore Gesù Cristo!

Corsia Giovani si rivolge in modo speciale ai giovani: dai più piccoli (con articoli di catechesi a loro dedicati) ai più grandi e adulti (con la posssibilità di postare commenti e riflessioni).

Il blog, in costante aggiornamento, sarà dinamico, ricco di sorprese e iniziative (in collaborazione con corsiadeiservi.it). 

Inviamo un sentito ringraziamento e un caloroso saluto a tutti i nostri giovani lettori: che la Madonna ci protegga e avvolga tutti col suo candido Manto!   
Ad maiorem Dei gloriam!


La Redazione

RILEGGIAMO IL CONCILIO DI TRENTO - 1/LA PROFESSIONE DI FEDE

Diciannovesimo concilio ecumenico della storia della Chiesa cattolica, il Concilio di Trento, chiamato anche Concilio Tridentino, viene aperto nel 1545 e chiuso nel 1563 dopo diverse interruzioni (25 sessioni): I-VIII sessione a Trento 1545-47; IX-XI sessione a Bologna 1547, tutte sotto Papa Paolo III [1534-1549]; XII-XVI sessione a Trento 1551-52 sotto Papa Giulio III [1550-1555]; XVII-XXV sessione a Trento sotto Papa Pio IV [1559-1565]. Il concilio sancisce la cosiddetta Controriforma, vale a dire la riforma della Chiesa cattolica, e definisce la reazione rispetto alle dottrine eretiche del luteranesimo e del calvinismo diffuse in seguito alla Riforma protestante. Il Concilio di Trento rappresenta un evento chiave per la storia del cattolicesimo, al punto che ancora oggi l’aggettivo “tridentino” viene spesso utilizzato per definire alcuni aspetti peculiari che la Chiesa cattolica ha ricevuto in eredità da tale concilio.

SESSIONE I (13 dicembre 1545)
(Decreto di inizio del concilio).

Reverendi Padri, credete opportuno, a lode e gloria della santa e indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, per l’incremento e l’esaltazione della fede e della religione cristiana, per l’estirpazione delle eresie, per la pace e l’unione della chiesa, per la riforma del clero e del popolo, per la repressione e l’estinzione dei nemici del nome cristiano, decretare e dichiarare aperto il sacro, generale concilio tridentino? [Risposero: sì].
(Indizione della futura sessione).
E poiché è già prossima la solennità della natività del signore nostro Gesù Cristo e seguiranno le altre festività del termine e dell’inizio dell’anno, credete bene che la prima futura sessione del concilio si debba tenere il giovedì dopo l’Epifania, che sarà il giorno 7 gennaio dell’anno del Signore I546? [Risposero: sì].

ELEMENTI DI CATECHESI - 11: I MISTERI PRINCIPALI DELLA FEDE PROFESSATI NEL CREDO

Che cosa è il mistero?
Mistero è una verità del tutto superiore ma non contraria alla ragione, che crediamo perché Dio l’ha rivelata.

Mistero significa “cosa nascosta, sconosciuta, incomprensibile”. Nessuna intelligenza umana o angelica potrà mai comprendere, ad esempio, come in un solo Dio vi possano essere tre persone uguali e distinte, e come ciascuna sia Dio. E’ un mistero che si deve credere, ma che nessuna creatura può capire.
Alcuni misteri rivelati ma che restano incomprensibili sono, ad esempio, l’Unità e Trinità di Dio, l’Incarnazione, la maternità verginale di Maria.
Benché incomprensibile, e quindi superiore alla ragione umana, il mistero non le è contrario.

RIFLETTO
:
La Santissima Vergine è il modello perfetto della nostra fede. Appena ebbe conosciuto i divini disegni su di lei ed ebbe la risposta che le spiegava come la divina maternità avrebbe reso più fulgido il giglio della verginità, diede il suo umile e irrevocabile consenso: “Ecco l’ancella del Signore; si faccia di me secondo la tua parola” (Lc 1, 30)

Noi siamo sicuri che Dio, come infinita Sapienza e Bontà, non ci può ingannare: per questo crediamo fermamente a tutto ciò che Egli ci ha rivelato.

IL QUARTO DEI RE MAGI

In Occidente generalmente si ritiene che i Re Magi, che andarono ad adorare Gesù Bambino, siano stati tre: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre; in Oriente invece ne annoverano un quarto. Sapiente, ricco e generoso, aveva anch’egli aspettato la stella profetizzata ed al suo apparire si era, come gli altri, messo in viaggio, ma mentre i primi arrivarono in tempo per adorare Gesù nella culla, egli giunse tardi, assai tardi a Gerusalemme.

Non per colpa sua, che anch’egli seguiva fedelmente per monti e per piani la sua guida. Ma la sua stella spesso ed insistentemente si fermava. Si fermava ogni qualvolta sul suo cammino si incontrava qualche miseria da lenire e qualche dolore da confortare. Ed il quarto si fermava anche lui. Qua vi era un povero viandante affamato, ed il quarto si fermava per offrirgli un po’ di pane; là vi era un pellegrino assetato, ed il quarto si fermava per dargli un po’ d’acqua; altrove vi era un pezzente lurido e stracciato che tremava per il freddo, ed il quarto si fermava per rivestirlo del suo mantello; altrove vi era un uomo afflitto che lacrimava, ed il quarto si fermava per consolarlo con parole di pace e di speranza. Poi incontrò ignoranti e si fermò ad istruirli, incontrò schiavi e, pagando il loro riscatto, si fermò a spezzarne le catene.

Così per molti anni, per trentatré anni! tanto durò il viaggio.
Perciò giunse molto tardi a Gerusalemme, ove la sua stella disparve.
Ansioso, si mise ad interrogare la gente del luogo:
“Avete visto il Re annunciato dalla stella? Sapete dirmi dov’egli sia?”.

NEI PASTORI VI SONO TUTTI I REQUISITI RICHIESTI PER ESSERE ADORATORI DEL VERBO

Dice Gesù:
“I pastori sono i primi adoratori del Corpo di Dio. E in loro vi sono tutti i requisiti richiesti per essere adoratori del Corpo mio, anime eucaristiche.
Fede sicura: essi credono prontamente e ciecamente all’Angelo.

Generosità: essi danno tutta la loro ricchezza al loro Signore.

Umiltà: si accostano a dei più poveri, umanamente, di loro, con modestia di atti che non avvilisce, e si professano servi loro (Maria SS. e S. Giuseppe).

Desiderio: quanto non possono dare a loro, si industriano a procurare con apostolato e fatica.

Prontezza di Ubbidienza: Maria desidera sia avvertito Zaccaria ed Elia (il pastore) va subito. Non rimanda.

Amore, infine: essi non sanno distaccarsi di là (dalla capanna) e tu dici: “lasciano là il loro cuore”. 

Ma non bisognerebbe fare così anche col mio Sacramento?

IL GRANDE MISTERO DI FEDE E DI AMORE

E’ nel Santo Vangelo che troviamo descritta con parole semplici e comprensibili a tutti, la storia meravigliosa della nascita di Gesù Bambino.
Questo libro non è come tanti altri scritti da mano d’uomo, destinati a passare di moda ed a scomparire col trascorrere dei secoli, essendo opere tutte terrestri e le parole che li compongono di quelle che passeranno. Il santo Vangelo non è opera solamente terrestre perché scritta da quattro Evangelisti; non appartiene alla letteratura umana ma divina, e la sua scomparsa non è pensabile neppure quando tutto sulla terra sarà distrutto perché il Vangelo è la storia di Dio che si è fatto Uomo tra gli Uomini per dimostrare con tutta la Sua vita terrena, dalla grotta di Bethleem fino al Calvario, che ama ciascuno di noi infinitamente più di quanto noi stessi sappiamo amarci. ma, affinché la lettura di questo preziosissimo libro possa saziarci l’anima con la soavità di quest’Amore infinito, dobbiamo leggerlo con cuore semplice e puro.

L’Incarnazione
Dio che si fa uomo! E’ uno dei misteri più alti della nostra Religione.
Il tempo predetto dai Profeti era giunto. La donna ebrea andava a marito nella speranza di divenire la madre del Messia. Però Iddio fin dall’eternità aveva già scelto la persona degna di dare al mondo il Salvatore. L’aveva arricchita di ogni grazia; era Maria Vergine, della stirpe di Davide, dimorante a Nazareth, in Galilea. Iddio, avendo dato alla creatura umana la libertà, rispetta questo dono e non obbliga alcuno a fare il bene. Rispettò perciò la libertà di Maria Vergine e prima di farsi uomo aspettò il suo “Sì”.

SANTA BERNADETTE, IMITATRICE DELL'IMMACOLATA

Per tutta la vita santa Bernadette Soubirous cercò di assomigliare il più possibile alla Vergine Immacolata, che lei vide, ascoltò, amò. Fin dall’inizio delle apparizioni ella si trova implicata in una situazione del tutto paradossale: lei, che non sa né leggere, né scrivere e comprende soltanto il patois, si fa portavoce di un avvenimento soprannaturale, che fa eco in tutto il mondo. Bernadette che, dall’11 febbraio al 16 luglio 1858, aveva assistito a 18 apparizioni dell’Immacolata Concezione nella grotta di Massabielle, riesce a sbaragliare tutti: subisce numerosi interrogatori ufficiali perché è sospettata di impostura.

Vogliono farla crollare, affinché cessi quell’incontrollato flusso di persone alla grotta delle guarigioni… Ma sono tutti sconcertati dalla sua limpidezza. Le sue risposte alla santa Giovanna d’Arco schivano tutte le trappole: non si confonde mai e non si contraddice. Scriverà di lei Monsignor Bertrand-Sévère Laurence, Vescovo di Tarbes, nella Lettera pastorale del 18 gennaio 1862: «Chi non ammira, avvicinandola, la semplicità, il candore, la modestia (…)? Mentre tutti parlano delle meraviglie che le sono state rivelate, solo lei mantiene il silenzio; parla soltanto quando viene interrogata (…) alle numerose domande che le vengono poste, dà, senza esitare, risposte nette, precise, pertinenti e piene di convinzione. (…) Sempre coerente, nei vari interrogatori a cui è stata sottoposta, ha mantenuto tutte le volte la stessa versione, senza togliere o aggiungere nulla».

ELEMENTI DI CATECHESI - 10: IL CREDO


Quali sono le verità rivelate da Dio?
Le verità rivelate da Dio sono principalmente quelle compendiate nel Credo o Simbolo Apostolico, e si chiamano verità di fede, perché dobbiamo crederle con piena fede come rivelate da Dio, il quale né si inganna né può ingannare.

Le verità rivelate da Dio per via dei patriarchi e dei profeti nell’Antico Testamento, sono contenute nella Sacra Scrittura e nella Tradizione ecclesiastica, e compendiate nei vari Simboli o formule di fede. Il Simbolo più antico e più noto è quello apostolico, che risale ai primi tempi della Chiesa e riassume la sostanza della dottrina predicata dagli Apostoli.
Quando con un atto di volontà piego la mente ad ammettere le verità che non comprendo, ma che so rivelate da Dio, io compio un atto di fede divina o soprannaturale. Le verità rivelate da Dio devono essere credute con fede divina.

Il bambino e lo scolaro credono, perché sono sicuri che la mamma o il maestro sanno quello che dicono e non vogliono ingannare. Noi crediamo alle verità soprannaturali perché sappiamo che sono rivelate da Dio, e che Egli, essendo verità e sapienza infinita, non può ingannarci rivelandoci il falso come vero.
La fede ci dà una certezza di verità superiore a qualsiasi argomento della scienza umana, perché è basata sulla veracità e santità di Dio, infinitamente superiore alla scienza e alla probabilità di qualsiasi creatura, ed è la via più sicura per conoscere, amare e servire Dio uno e trino.

RIFLETTO:
Chiediamo allo Spirito Santo che aumenti la nostra fede, senza la quale non è possibile piacere a Dio.

ESEMPIO:
L’illustre matematico Valentino Cerruti (+ 1909), che a trentasei anni era rettore dell’Università di Roma e fu anche sottosegretario all’Istruzione pubblica, prima di morire disse a Mons. Viagette: “Io ho sempre difeso la religione, anche nei momenti più difficili della mia vita politica e scientifica. Ora sento il dovere di prepararmi alla morte con i sacramenti della religione, nella quale i miei poveri genitori mi hanno educato e che sempre più si è approfondita in me, durante la mia carriera scientifica. Nei miei lavori e nelle mie ricerche ho sempre potuto confessare la mia fede. Non posso capire come tanti dotti dicano di aver perso la fede studiando. Io ho studiato molto, ma sempre ho concluso che la nostra santa religione è l’amica della vera scienza.”

Che cos’è il Credo o Simbolo Apostolico?
Il Credo o Simbolo Apostolico è una professione dei misteri principali e di altre verità, rivelate da Dio per mezzo di Gesù Cristo e degli Apostoli, e insegnate dalla Chiesa.

Professare
significa manifestare all’esterno con segni (parole, gesti, scritti) ciò che si pensa e si crede. Il Credo è la professione esterna della fede interiore, cioè dell’adesione della mente alle verità rivelate da Dio.

Il Credo
riassume le verità fondamentali della rivelazione, delle quali le principali sono dette misteri, e sono: l’Unità e la Trinità di Dio, l’Incarnazione, la Passione, la morte, la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, la maternità verginale di Maria Santissima, la presenza e l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa e nelle anime.

La Rivelazione cominciò nell’Antico Testamento per mezzo dei patriarchi e dei profeti, e fu compiuta e perfezionata nel Nuovo Testamento da Gesù Cristo, vera via maestra della rivelazione, e dai suoi apostoli.
Le verità rivelate furono raccolte e fissate nella Sacra Scrittura per opera degli agiografi ispirati e assistiti da Dio, e furono tramandate dagli apostoli fino a noi con la Tradizione ecclesiastica.

Scrittura e Tradizione vennero affidate alla Chiesa, col compito di custodirla, tramandarla, spiegarla, difenderla e diffonderla nel mondo intero.

ESEMPI
:
1. San Pietro martire, religioso e apostolo dell’Ordine dei Frati Predicatori, fu assalito a tradimento dagli eretici e atterrato. Rizzandosi a stento sulle ginocchia, cominciò a dire: “Io credo in Dio Padre onnipotente...”. Non poté proseguire, perché i nemici lo colpirono a morte, impedendogli di recitare quel Credo per la difesa del quale aveva consacrata e spesa la vita con zelo infaticabile.

2. Un generale americano non aveva che sarcasmi e disprezzo per la religione. Invece la moglie era molto pia e aveva trasmesso la sua pietà alla bimba, unico frutto del loro amore. La bimba si ammalò gravemente, e prima di morire chiamò il babbo e gli disse: “Caro papà, tra poco non ci sarò più. Ti prego, dimmi cosa debbo credere: se a ciò che hai sempre detto tu, o a ciò che dice la mamma, riguardo al cielo e al buon Dio...”. “Figlia mia - rispose il generale commosso e piangente - credi a quello che ti ha insegnato tua mamma.”. “Ma allora- riprese la bimba - anche tu devi credere al buon Dio!”. Da quel giorno il generale riprese la vita della Chiesa e si sentì immensamente più felice, nonostante l’acerbo dolore causatogli dalla morte prematura della figlia. 


(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

CHIESA E IMMIGRAZIONE/9: ALLAH E IL CONCETTO DI BENE

Lo studio delle religioni (come d’altronde tutti gli studi) non può fermarsi all’osservazione della superficie, perché, se lo facesse (e purtroppo oggi succede spesso) si annullerebbero le differenze tra le varie religioni. Ma se invece si andasse nel profondo, cercando di scoprire i fondamenti filosofici, allora sì che si capirebbero molte cose…e le differenze verrebbero fuori.

Lo studio delle religioni ha bisogno non solo di una conoscenza delle dottrine, ma anche di una conoscenza dei fondamenti filosofici che ne sono alla base. Il bravo studioso delle religioni deve trasformarsi in una sorta di “bulldozer”. Deve scavare, scavare…per far emergere quello che c’è ma non si vede. Perché è proprio tutto ciò che è nel profondo – e quasi sempre non si vede - ciò che rende più comprensibile l’oggetto dello studio.

Il rapporto tra il concetto di Bene ed Allah riguarda uno dei fondamenti “filosofici” dell’Islam. Se chiediamo ad un musulmano: “Credi nella bontà di Allah?” La risposta sarà scontata: “Certo che ci credo. Allah è buonissimo!” E se gli chiediamo anche perché è buono, lui ci dirà: “Perché lo dice il Corano!”Solo per questo. L’Islam, infatti, a differenza del Cristianesimo, ritiene che Dio possa essere conosciuto solo attraverso la fede. La ragione non può dire nulla a riguardo. Anzi, la ragione allontana dalla fede.

C'ERA UNA VOLTA (1) - IL RIMEDIO ALLE PAROLACCE E AI BRUTTI PENSIERI


C'era una volta una bambina molto buona, che aveva imparato bene il catechismo e che amava tanto tanto Gesù, a tal punto che qualsiasi parola brutta o offesa verso una persona le dispiaceva, e ancora di più, la faceva soffrire infinitamente sentire offese o bestemmie verso Dio o Maria Santissima, alle quali riparava recitando con il più intenso amore l'atto di Riparazione o l'Ave Maria. 
La bambina crebbe, e dopo le elementari passò alla scuola media. Povera bambina! Molti suoi compagni, già avvezzi alle parolacce, ne dicevano una più brutta dell'altra e non si accorgevano di offendere, oltre che Dio, la buona bambina, che tanto Lo amava. 
Molto spesso le capitava che i suoi compagni, stupiti per il fatto che non avessero mai sentito da lei alcuna parola brutta, le domandassero: "Ma perché ogni tanto non dici anche tu una parolaccia? Come fai a non dirle?"
 
Allora la bambina, felice di avere l'occasione per fare vedere ai suoi compagni la Verità, rispondeva col sorriso: "Chi non pecca di lingua, è vicino alla perfezione. Io voglio diventare perfetta come i santi." 
A volte però, capitava che durante la giornata, la bambina sentisse nella sua mente le parolacce o le bestemmie dette dai compagni; subito allora iniziava a pregare, e ad invocare l'aiuto di Gesù e di Maria. 
A volte, le veniva da piangere, perché aveva paura che tutti quei brutti pensieri la portassero a peccare, ma lei pensava sempre, per consolarsi: "Io non ascolto né approvo nessuno di questi pensieri. Loro tormentano me, ma non sono io a cercarli! È una tentazione del diavolo che mi vuole fare peccare contro il mio Buon Gesù, e io devo vincerla!". 
Così, appena sentiva anche solo la presenza o la sensazione che qualcosa turbasse la sua tranquillità, pensava con tutta la mente: "Dio sia benedetto!" e subito i cattivi pensieri sparivano.

Un bel giorno, poi, lesse il libro di Maria Valtorta, dove Gesù parlava del Suo Santissimo Nome e del nome di Maria. 
Le rimase in mente che il diavolo trema e scappa dal nome di Maria, e non sopporta il nome di Gesù: messi insieme, sono una vera bomba contro il diavolo! Ecco la giaculatoria che la bambina recitava spesso, poiché i cattivi pensieri venivano spesso a tormentarla: "Maria, Madre di Gesù, io confido in te!" E Se non bastava una volta, la ripeteva con sempre più amore e convinzione, finché si accorgeva di essere tranquilla.
La buona bambina andò avanti per qualche tempo, e la sua lotta contro le tentazioni fu vinta proprio da lei, perché con tanta fede e amore aveva confidato nei Santi Nomi di Gesù e di Maria, e con tanta devozione aveva riparato ad ogni bestemmia dicendo "Dio sia benedetto!".
La bambina non aveva più paura dei cattivi pensieri, che come mosche le giravano attorno senza darle più alcun turbamento, perché la volontà della bambina era di amare Gesù e i suoi pensieri erano rivolti a Lui e alla Sua tenera Madre. 
La bambina ritrovò così la tranquillità, sicura che insieme a Gesú e Maria avrebbe vinto ogni battaglia.

V.T.

ELEMENTI DI CATECHESI - 9: GESU' CRISTO REDENTORE


Perché il Figlio di Dio si fece uomo?
Il Figlio di Dio si fece uomo per salvarci, cioè per redimerci dal peccato e riacquistarci il Paradiso.

L’uomo col peccato originale aveva perduto la Grazia, si era privato del diritto al Paradiso e reso degno dei divini castighi. Il Figlio di Dio venne sulla terra e si fece uomo per liberarci dal peccato, per rimetterci nell’amicizia divina e per ridarci i diritti perduti (noi siamo eredi del Paradiso!), aprendoci la via che conduce dalla morte alla vita beata e gloriosa, dall’errore alla verità.
Gesù Cristo sulla croce promise il Paradiso al ladrone pentito (Lc 23, 43), e in casa di Matteo, rispondendo ai farisei che mormoravano perché mangiava con i peccatori e i pubblicani, dichiarò apertamente che era venuto a chiamare i peccatori a penitenza e a salvarli (v. Mt 9, 10-14).

RIFLETTO:
Finché restiamo nel peccato, impediamo volontariamente che ci venga applicata la redenzione di Cristo e la rendiamo inutile.

Cosa fece Gesù Cristo per salvarci?
Gesù Cristo per salvarci soddisfece per i nostri peccati, patendo e sacrificando se stesso sulla croce, e ci insegnò a vivere secondo Dio.
... soddisfece per i nostri peccati patendo e sacrificando se stesso ...”: cosa vuol dire?

Il peccato è un debito verso la divina giustizia, che nessuna creatura può pagare con un’equa soddisfazione. Solamente Dio può offrire un sacrificio perfetto che sia degno di Lui e capace di soddisfare il debito, o meglio, solo un Uomo-Dio, poiché Dio non può né patire né morire.

Gesù Cristo, Uomo-Dio, come uomo soffrì la povertà, la fatica, la fame, la sete, gli strazi della Passione e della Morte; lavorò, faticò, pregò. Come Dio comunicò una dignità infinita a tutte le sue preghiere, opere buone e sofferenze, in modo che ci meritò la remissione dei peccati, il riacquisto della grazia e la salvezza.

E’ anche vero che una sola goccia del suo Sangue Preziosissimo sarebbe stata sufficiente a redimere tutta l’umanità; ma, da perfettissimo Maestro, volle soffrire tutti i martìri della Passione e della Morte per darci una Redenzione sovrabbondante e mostrarci il suo infinito Amore.

RIFLETTO:
Che cosa ci gioverebbe conquistare il mondo intero con la nostra intelligenza e la nostra potenza, se poi non salvassimo la nostra anima? se ci mettessimo in condizioni di non ricevere nessuna utilità dalla venuta di Nostro Signore sulla terra, cosa ne sarà di noi nella vita futura?

Ognuno di noi deve considerare il fatto che Gesù Cristo è morto per ogni singolo uomo. Se anche sulla terra ce ne fosse stato uno solo da salvare, Gesù avrebbe patito e sarebbe morto perché quel singolo uomo potesse riacquistare la grazia, ereditare il Paradiso ed ottenere la vita eterna!

Per vivere secondo Dio cosa dobbiamo fare?
Per vivere secondo Dio dobbiamo credere le verità rivelate da Lui, e osservare i suoi comandamenti, con l’aiuto della sua grazia, che si ottiene mediante i sacramenti e l’orazione.

Dobbiamo credere le verità rivelate da Dio: vivere secondo Dio significa trascorrere la nostra vita nel compimento della divina volontà, e per fare questo dobbiamo innanzitutto conoscere questa volontà, che ci è stata rivelata da Dio stesso. Le verità dalle quali dipendono i divini comandamenti sono l’espressione del volere divino. Dunque, per vivere secondo Dio dobbiamo conoscere e credere le verità rivelate, andando a Dio per la via della fede.

Le verità fondamentali della fede sono espresse nel Credo, sono contenute nella Sacra Scrittura e nella Tradizione ecclesiastica.

Osservare i comandamenti di Dio: non basta che crediamo alle verità rivelate. La fede, se non ha le opere, è morta in se stessa (Gc 2, 17). Occorre che alla fede si aggiunga la carità, che porta a compiere le opere prescritte nei divini comandamenti.

Con l’aiuto della Grazia che si ottiene tramite i Sacramenti e l’Orazione
: Gesù Cristo è la vite e noi siamo i suoi tralci (v. Gv 15, 1-12); così come i tralci marciscono se sono staccati dalla vite, allo stesso modo noi senza Gesù Cristo e senza la sua grazia non possiamo fare nulla, né credere né compiere le opere della carità. E’ indispensabile l’aiuto della grazia, che si ottiene mediante i Sacramenti e l’Orazione.

ARISTOTELE e DIDEROT
:
L’uomo con le sue sole forze non è capace di credere alle verità rivelate e osservare le leggi dei divini comandamenti, come si richiede per vivere secondo Dio e per salvarsi. Aristotele, che con Platone è il più grande filosofo dell’antichità e una delle menti più vaste e più acute di tutta l’umanità, sul letto di morte confessò amaramente: “Vissi nel dubbio, muoio nell’ambascia e non so dove vada; o Essere degli esseri, abbi pietà di me!”.

Diderot (1784), uno dei filosofi più empi, fu sorpreso da un amico mentre spiegava il Catechismo alla sua bambina. “Come! a voi filosofo, a voi queste cose?” esclamò l’amico stupito. “Che volete? - rispose Diderot - a me preme di istruire bene la mia bambina. Ho fatto molte ricerche e non ho trovato libro migliore del Catechismo. E’ il più sicuro fondamento di pedagogia, e non potrei dare un fondamento più solido all’istruzione di mia figlia.” 


(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

CIO' CHE NASCONDE HALLOWEEN


Riportiamo di seguito alcune citazioni sulla c.d. "festa di Halloween". Questa festa, che per molti è una "innocente festa per bambini", ha in realtà antiche radici pagane e, possiamo dire, propriamente sataniche. Oggi viene promossa anche per eclissare la festa cattolica di Ognissanti e per deformare in qualche modo il culto per i morti.

Halloween, una trappola del demonio, che le prova tutte”: lo dice padre Gabriele Amorth, decano degli esorcisti nel mondo. Padre Amorth, qual è il suo giudizio su Halloween? “Intanto, fa schifo e mi fa schifo. Si tratta di una roba pagana, anticristiana ed anticattolica, proveniente da terre nordiche ed esplosa negli Usa. Questa robaccia, pretende, e talvolta ci riesce anche, di mettere in secondo piano ed offuscare la Solennità di Tutti i Santi che celebriamo con gioia il primo novembre. E siccome, appunto, il suo scopo è quello di mettere intralcio alla santità, è una ideazione del demonio che intende scompaginare i piani di Dio. Halloween è una festa pagana”.
Una dimostrazione della scaltrezza del Nemico: “Il diavolo cerca di mettere zizzania tra Dio e uomo, non tanto per ostilità verso l’uomo, quanto per voler offendere Dio, che è il suo bersaglio preferito, e talvolta, riesce in questo scopo, anche se verrà sconfitto per sempre”.

CHIESA E IMMIGRAZIONE/8: LA CHIESA E IL CUORE DEL PROBLEMA


Le polemiche al calor bianco sull’immigrazione hanno messo in luce ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) quello che il pensatore cattolico Thomas Molnar sosteneva da anni: «La Chiesa oggi si allinea al mondialismo, nuova religione dei secoli a venire». Per giunta, aggiungiamo noi, spacciando per cristianesimo quello che ormai ne è – e lo diciamo con la morte nel cuore – una misera contraffazione.
Da questo punto di vista l’immigrazionismo, l’ecumenismo sincretista e i richiami di Ratzinger (nella “Caritas in Veritate”del 2009) e di Bergoglio (nella “Laudato si’” del 2015) ad un’unica autorità mondiale (vecchia idea già presente nella giovannea “Pacem in Terris” del 1963), sono strettamente legati. Compongono, in un tutto, l’adesione dell’attuale Chiesa Cattolica al mondialismo. Cerchiamo di capire.

Il clero immigrazionista - Oggi la Chiesa immigrazionista di Galantino e Scola, di Tettamanzi e Poletto, di Crociata e Marchetto, di Vegliò e Perego, di Mogavero e Martino, di Moraglia e Nosiglia, di Montenegro e Pizziol, di Bregantini e Breschi, di Peri e Nogaro, di Sebastiano Dho e Arrigo Miglio, di Gardin e Bottazzi, di Cantisani e Tessarollo (il vescovo che rifiuta persino il crocifisso nelle scuole) continua a predicare l’accoglienza di centinaia di migliaia di immigrati, senza limiti di alcun tipo. E chi non si adatta viene accusato da questi signori, a volte in maniera poco consona alla carità che il loro abito gli imporrebbe, di non essere cristiano. È la nuova dottrina coniata a inizio anni Novanta dai loro precursori Martini ed Etchegaray, che prospettavano le presunte gioie e le ricchezze della società multiculturale e l’apertura delle frontiere all’universo mondo.

ELEMENTI DI CATECHESI - 8: GESU' CRISTO


Delle tre Persone della Santissima Trinità si è incarnata e fatta uomo alcuna?
Sì, delle tre Persone della Santissima Trinità si è incarnata e fatta uomo la seconda, cioè il Figlio. 

Nel grembo immacolato di Maria Santissima scese il Verbo, il Figlio di Dio, assumendo nell’unità della sua persona divina il corpo e l’anima eletta, creata direttamente da Dio per essere unita come forma vitale a quel corpo.
Il Figlio di Dio si fece uomo per fare gli uomini figli di Dio, suoi fratelli e coeredi della sua gloria. Così pure Maria, divenendo Madre di Dio, diventò Madre nostra.
CURIOSITA’ RIGUARDO LORETO:
A Loreto, secondo un’antica e pia tradizione, si conserva ancora la casetta nella quale il Verbo si è fatto uomo e trascorse gli anni dell’infanzia e della giovinezza. La povera casetta fu trasportata dagli angeli dalla Palestina a Tersatto presso la città di Fiume, e di qui, nella notte del dicembre 1294, presso Recanati, nelle Marche. Otto giorni dopo fu nuovamente trasferita e deposta in una località poco distante, chiamata Loreto (da lauretum: bosco di lauri), dove ora sorge una grandiosa basilica, che racchiude la casetta di Nazareth.


Come si chiama il Figlio di Dio?
Il Figlio di Dio fatto uomo si chiama Gesù Cristo.

Il nome indica la persona e la distingue da tutte le altre. La seconda Persona della Santissima Trinità ha vari nomi: Verbo, Figlio, Immagine, Sapienza del Padre. Incarnatosi prese un nuovo nome, a indicare la persona divina nella natura umana.
Gesù: significa Salvatore (Jahvé che salva) e conviene a Colui che si è fatto uomo per salvare il mondo dalla perdizione eterna e dal peccato.
Il nome adorabile di Gesù fu rivelato dall’arcangelo Gabriele a Maria Santissima nell’Annunciazione: (Lc 1, 31) “Tu concepirai e darai alla luce un Figlio, che chiamerai Gesù”. Fu ancora l’angelo del Signore a spiegare a san Giuseppe l’inattesa gravidanza di Maria Santissima, rivelando il nome del Bambino: (Mt 1, 21-22) “Non temere di prendere Maria per moglie; perché quello che è nato in Lei è opera dello Spirito Santo. Ella darà alla luce un Figlio, a cui porrai nome Gesù, perché Egli salverà il suo popolo dal peccato”. 

Cristo
: dal greco christòs significa “unto”, cioè consacrato dalla divinità che si è unita all’umanità assunta, elevandola e divinizzandola.
Gli angeli che annunziarono ai pastori la nascita del Messia dicevano: (Lc 2, 11) Oggi, nella città di Davide, vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Anni dopo, quando Gesù domandò agli apostoli chi pensassero che Egli fosse, Pietro rispose: ((Lc 9, 21) Tu sei il Cristo di Dio.

IL NOME DI GESU’:
Il nome di Gesù è onnipotente e opera i più grandi prodigi. Gesù aveva detto agli Apostoli: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà sarà condannato. Ora questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: scacceranno i demoni nel mio nome, parleranno lingue nuove, maneggeranno serpenti, se berranno veleni non ne risentiranno alcun male, imporranno le mani agli ammalati e questi guariranno (Mr 16, 15-18).
Un certo uomo, storpio dalla nascita, si trovava ogni giorno alla porta del tempio chiamata Bella per domandare elemosina a quelli che entravano. Questi, avendo veduto Pietro e Giovanni che stavano per entrare, chiese pure a loro carità. Allora Pietro con Giovanni, fissandolo, gli disse: “Io non ho né argento né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo Nazareno alzati e cammina.” E presolo per la mano destra lo alzò, e in un attimo gli si raddrizzarono gli stinchi e le piante dei piedi. Allora l’uomo entrò con essi nel tempio, camminando e lodando Dio.  

Gesù Cristo è Dio e uomo?
Sì, Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo.

E’ vero Dio perché facendosi uomo non smise di essere Figlio di Dio, perfettamente uguale al Padre e allo Spirito Santo nell’essere e nelle perfezioni. Gesù è chiamato Figlio di Dio perché lo è realmente: nel battesimo e nella trasfigurazione viene chiamato dal Padre come suo Figlio prediletto. Quando compì i miracoli (tramutando l’acqua in vino, camminando sulle acque, moltiplicando pani e pesci, guarendo gli ammalati, resuscitando morti ... e soprattutto resuscitando Sé stesso) dimostrò la sua divinità e mise in atto la sua potenza infinita, propria di Dio solo.

Gesù è anche vero uomo, perché ebbe un corpo come noi che si formò in grembo di Maria Santissima, nacque a Betlemme, sentì la stanchezza, sofferse la fame, la sete, gli strazi della passione e della morte in croce, fu sepolto e uscì dalla tomba tre giorni dopo. Gesù Cristo ebbe anche un’anima umana, intelligente e libera, che pensava e voleva, che provava gioia e dolore, malinconia e tedio, che sulla croce si separò dal corpo con la morte, discese al limbo tra i giusti, si riunì al corpo tre giorni dopo la morte e lo vivificò dandogli una vita nuova e immortale.

Il corpo e l’anima di Cristo erano uniti al Verbo tanto strettamente da non avere alcuna personalità propria, ma da essere assunti nella persona del Figlio di Dio. Era sempre la stessa e unica persona di Cristo, Dio e uomo, che compiva le azioni proprie della natura umana e di quella divina.

RIFLETTO:
1. Chi è unito con la fede e la carità a Cristo, uomo e Dio, a poco a poco è trasformato e fatto simile a Cristo Maestro.
2. L’eretico Ario negò la divinità di Cristo. Condannato nel Concilio di Nicea (325), non volle rinunciare ai suoi errori. Esiliato dall’imperatore, con l’aiuto dei suoi amici riuscì a farsi richiamare e a rientrare in Costantinopoli come un trionfatore. Ma proprio in quel momento lo raggiunse la mano vendicatrice di Dio, che lo fece morire di acutissimi dolori viscerali. 


(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

CHIESA E IMMIGRAZIONE/7: EMERGENZA PROFUGHI, ALCUNI PUNTI PER CAPIRE


Parliamo di immigrazione. Non possiamo esimercene, visto ciò che sentiamo, vediamo e leggiamo quotidianamente.
Prima di tutto una premessa che ritengo molto importante per inquadrare bene il discorso. Una comunità nazionale, per rimanere tale, non può rinunciare a salvaguardare la propria identità, perché è proprio l’identità a renderla tale. Una comunità nazionale senza un’identità di riferimento è come una pizza senza farina o come quel famoso “formaggio senza latte” che vorrebbero imporci i “genii” di Bruxelles. A riguardo bisogna tener presente un’importante differenza, quella tramultietnicità e multiculturalità. La multietnicità può essere un dato di fatto da cui difficilmente poter prescindere, la multiculturalità è invece il volontario rifiuto di una cultura che faccia da fondamento. La multietnicità è la coesistenza doverosamente pacifica tra più etnie, la multiculturalità è – come detto – la teorizzazione di un modello di società in cui tutto si liquefaccia (nel senso proprio di divenire “liquido”), in cui qualsiasi opzione identitaria sia alla pari delle altre e disponibile a qualsivoglia cambiamento.
Detto questo, va senz’altro ricordato che cristianamente, ma anche per legge naturale, c’è un dovere morale di accogliere chi eventualmente lasciasse la propria terra per oggettive e pericolose difficoltà che riguardano i diritti fondamentali della propria persona. Diritti minacciati direttamente (professare liberamente la vera religione, proteggere la vita dei propri figli, ecc…) oppure minacciati indirettamente (condizioni di estrema indigenza). Ovviamente (e questo è un punto importante) tale dovere di accogliere non può esserci allorquando chi accoglie non può assicurare una situazione autenticamente e definitivamente migliore rispetto alle condizioni che si vogliono lasciare.

CHIESA E IMMIGRAZIONE/6: ISLAM, ISIS ED ESTREMISMO IDEOLOGICO SONO LA MEDESIMA COSA?

Sì, precisamente. L’Islam vero e proprio implica l’avere una personalità forte che viene come data in dotazione a chi si converte a questa religione satanica (Maometto non ha ricevuto la visita dell’Arcangelo Gabriele il giorno della rivelazione). Chi conosce la storia di Maometto sa chi era, come ha vissuto (ebbe diciannove compagne, tra le quali Aisha - una bambina di sette anni - e quattro schiave) e come ha fatto ad estirpare i miscredenti al suo arrivo a Medina. Nessuno si può permettere di dare del fanatico al principe dei musulmani: sarebbe come chiamare oltranzisti i cattolici che sono rimasti fedeli al Rito Romano Antico (fondamento miliare della Sacra Liturgia Cattolica) e che chi lo cambia è sotto l’anatema di S. Pio V (il quale chiarì definitivamente l’argomento).

L’Is è l’esplicitazione della vera visione dell’Islam e di ciò per cui esso è stato creato: un mondo sotto il dominio del califfato universale, dove vige la Sharia (la legge islamica, che attinge principalmente dal Corano e dalla Sunna). Nel Corano (scritto rigorosamente in arabo, la lingua universale dell’Islam) sta scritto: [“ ...i nazareni dicono: Il Messia è figlio di Allah. Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati!”] (Sura IX 29,30). ["O voi che credete, combattete i miscredenti che vi stanno attorno, che trovino durezza in voi"] (Sura IX 123). ["Se non vi lancerete nella lotta, (Allah) vi castigherà con doloroso castigo"] (Sura IX 39). ["Vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite"] (Sura II 216). ["Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah"] (Sura VIII 60). ["...uccidete questi miscredenti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati"] (Sura IX 5).

CHIESA E IMMIGRAZIONE/5: RIVELAZIONI SULLE MIGRAZIONI DEI POPOLI

Da molto tempo si è diffusa tra la popolazione, dal ceto meno abbiente al ricco presunto intellettuale, la credenza che la creazione di una civiltà multiculturale possa essere benefica: la questione, serissima e di primaria importanza, viene spesso relegata al concetto di poli-etnia, nel senso che viene evidenziata semplicemente la differenza razziale delle persone e poi annichilita ogni resistenza all’ideale modernista con l’infamante accusa di “razzista” o “xenofobo”, quando non addirittura “retrogrado” qualora si cerchi ostinatamente una discussione seria basata sul carattere culturale dei popoli.
L’immigrazione è uno dei principali argomenti della nostra politica; il gruppo al governo, tuttavia, mosso da falso buonismo e incompetenza sostiene che tutti coloro che pretendono di entrare nel nostro paese stiano sfuggendo dalla guerra: ciò non potrebbe essere più falso e ingannevole e, sebbene tali affermazioni siano state smentite più volte, essi persistono nella loro fraudolenta credenza.
Grazie alla ricchezza e allo strapotere dei loro sostenitori, tuttavia, queste idee, attraverso il sistema di disinformazione mediatico, passano come vere, convincendo così la più parte dei nostri connazionali di tale assurdità.

ELEMENTI DI CATECHESI - 7: LA SANTISSIMA TRINITA'


Dio è uno solo? 
Sì, Dio è uno solo, ma in tre Persone uguali e distinte, che sono la Santissima Trinità.

Come si chiamano le tre Persone della Santissima Trinità?
Le tre Persone della Santissima Trinità si chiamano Padre, Figlio e Spirito Santo. 

Sappiamo che Dio è uno solo. L’ha rivelato Egli stesso: “Io sono l’unico vero Dio e non ve n’è altri fuori di Me.” (Isaia 46, 9). La Chiesa insegna che vi è un solo Dio: nella preghiera del Credo Niceno-Costantinopolitano professiamo “Io credo in un solo Dio”.

Eppure, per un mistero ineffabile, sappiamo anche che in Dio, Uno nella natura, sono Tre Persone perfettamente uguali e realmente distinte. Le tre Persone divine si manifestano distintamente nel Battesimo di Gesù Cristo, e anche nella sua Trasfigurazione.
Quando Gesù fu battezzato, uscì tosto dall’acqua; ed ecco: i cieli si aprirono e Giovanni vide lo Spirito di Dio scendere come colomba e venire sopra Gesù mentre una voce dal cielo diceva: Questo è il mio Figlio diletto nel quale ho riposto le mie compiacenze (Mt 3, 16-17). 

RIFLETTO:
Che cosa significa quando si parla di “Persona”?

Persona è un essere intelligente, a sé stante, come un individuo distinto dagli altri. Il nostro corpo non è una persona, perché non può stare separato dall’anima; è creato per essere unito all’anima e vivificato da essa. Così, pure l’anima da sola non è una persona. Solo anima e corpo, uniti insieme, sono una persona, perché formano un individuo intelligente e distinto. L’angelo, come essere intelligente e sussistente, è una persona; gli animali non possono essere persone, perché privi di intelligenza.
In Dio vi sono tre Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo, distinti l’uno dall’altro. Le tre divine Persone sono infinitamente intelligenti perché ognuna possiede tutte le perfezioni divine. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio perché hanno una sola natura divina e stesse perfezioni; ed essendo ciascuno distinto e intelligente, è una persona.


Chiamiamo le tre Persone divine con un solo nome: Santissima Trinità. Le conosciamo grazie alla Rivelazione di Cristo, che continuamente parlava del suo Padre celeste, chiamava sé stesso col nome di Figlio e promise di inviare lo Spirito Santo.
E ancora, prima di salire al cielo, Gesù comandò agli apostoli di battezzare le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. (Mt 28, 19)

RIFLETTO:
Per quanto possiamo sforzarci di comprendere la vita intima delle tre Persone divine, la Santissima Trinità rimarrà comunque il primo e più grande mistero della nostra fede, che è appunto l’Unità e la Trinità di Dio.
Sant’Agostino stesso, un giorno, passeggiava sulla spiaggia del mare della sua Africa, sforzandosi di capire la Vita intima di Dio. Quand’ecco fu attratto da un graziosissimo fanciullo molto affaccendato a portare, con una conchiglia, l’acqua del mare dentro una piccola buca che aveva scavato nella sabbia. S. Agostino, incuriosito, si fermò e gli chiese: “Che vuoi fare, bambino mio?”. Rispose il fanciullo: “Voglio vuotare il mare e versarne tutta l’acqua in questa buca”. “Impossibile - rispose il santo sorridendo - non vedi com’è grande il mare e com’è piccola la tua buca?”. Allora il bambino si alzò in piedi, e fissando sant’Agostino negli occhi, rispose: “E tu allora, come pretendi di comprendere nella tua piccola intelligenza l’infinita grandezza della Vita intima di Dio? Ti basti credere nella Sua parola!”. Poi l’Angelo sparì.
Impariamo da questa vicenda a credere con Fede nella parola di Dio, poiché solo quando saremo con Lui in Paradiso potremo conoscerLo come Egli è: e sarà per noi gioia infinita!


La prima Persona della SS. Trinità è il Padre, perché non procede da nessun’altra persona, ma è il principio del Figlio e dello Spirito Santo. Il Padre è eterno come il Figlio e lo Spirito Santo, e sebbene abbia in comune con le altre Divine Persone tutte le perfezioni e le operazioni, a Lui si attribuiscono particolarmente la potenza e la creazione. Padre! Questo nome racchiude un poema d’amore. Tutta la tenerezza di tutti i padri della terra non ci può dare che una pallidissima idea dell’amore che Dio ha per i suoi figli. Per amore Egli ci ha dato la vita, ci ha voluto rendere partecipi della sua eterna felicità nel cielo e per salvarci, dopo il primo peccato, non ha esitato a mandare sulla terra il suo Figlio diletto

La seconda Persona della SS. Trinità è il Figlio, che si è fatto uomo per salvarci. Eterno, immenso, increato, perfettissimo come il Padre. Il Figlio di Dio è chiamato anche Verbo, Sapienza Eterna, perché è generato dal Padre. Il Padre è così perfetto che quando contempla sé stesso dà vita reale al suo pensiero e questo è il suo Divino Figlio. A Lui sono attribuite le opere di sapienza, l’ordine del mondo e la sua conservazione.
Egli - dice S. Paolo - è l’immagine dell’invisibile Dio e il primogenito di tutte le creature; tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui.
Il Vangelo di S. Giovanni si apre con questo preludio: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste

La terza Persona
della SS. Trinità è lo Spirito Santo, ossia l’amore personale, sussistente, del Padre e del Figlio; dal Padre e dal Figlio procede, come da unico principio e da medesima operazione. Il padre, generando il Verbo è rapito d’amore verso di Lui; il Figlio, a sua volta, è irresistibilmente attratto d’amore verso il Padre. Questo amore vicendevole delle due Persone Divine dà origine all’Amore sussistente, ossia alla terza Persona della SS. Trinità. Allo Spirito Santo si attribuiscono particolarmente le opere di amore e di santificazione delle anime. Nei santi Sacramenti, in particolare nella Santa Cresima, lo Spirito Santo si effonde nelle anime con l’abbondanza delle sue grazie e dei suoi doni. Questa divina grazia trasforma l’anima in un tabernacolo vivo e il corpo in un tempio santo del Signore, che non deve essere mai profanato dal peccato.

(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)
  

LA PREGHIERA INSEGNATA AGLI APOSTOLI

Gesù è a Gerusalemme con i suoi Apostoli. E’ assente Giuda l’Iscariota che si è allontanato da loro con un falso pretesto. Escono dalla casa che li ospita, salgono fra gli ulivi, lasciando alla loro destra il Getsemani e elevandosi ancora, su per il monte, sino a raggiungerne la cresta su cui gli ulivi fanno un pettine frusciante. Gesù si rivolge agli Apostoli ... (...) Udite. Quando pregate, dite così: “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Nome tuo, venga il Regno tuo in Terra come lo è in Cielo, e in Terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.(...) Non occorre altro amici miei. In queste parole è chiuso come in un cerchio d’oro tutto quanto abbisogna all’uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che chiedete, acquisterete la vita eterna. E’ una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non l’intaccheranno.

ELEMENTI DI CATECHESI - 6: L'INFERNO


I cattivi che non servono Dio e muoiono in peccato mortale, che cosa meritano?
I cattivi che non servono Dio e che muoiono in peccato mortale meritano l’Inferno. 

Le persone cattive sono quelle che peccano trasgredendo la Legge dei divini comandamenti; non servono Dio, ma le proprie passioni, il mondo, il demonio. Giuda Iscariota, non volendo mettersi al servizio del Maestro, scelse di assecondare la sua avarizia e si dannò. I cattivi, essendo in peccato mortale, sono privi dell’amicizia divina (la grazia di Dio) e se prima di morire non si riconciliano con Dio non possono essere ammessi alla felicità dei giusti in Paradiso. Questo è il motivo per cui un cattivo anche se in vita compie qualche opera buona, poiché è in disgrazia, non può meritare il premio eterno. Gesù ci fa comprendere questa verità nella parabola delle nozze. Colui che si era introdotto nella sala del convito (figura del paradiso) senza la veste nuziale (simbolo della grazia), per ordine del padrone fu preso, legato mani e piedi e gettato fuori nel buio della notte e nel freddo invernale (v. Mt 22, 1-14).

RIFLETTO
La grazia divina che abbiamo ricevuto nel Battesimo, è un tesoro inestimabile, da custodire con ogni cura.

ESEMPIO (Lc 16, 19-26) 
C’era un ricco, il quale vestiva di porpora e di lino e dava ogni giorno splendidi banchetti. E c’era anche un povero chiamato Lazzaro, il quale giaceva coperto di piaghe alla porta del ricco, bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua tavola. ma nessuno gliene dava, e solo i cani venivano a leccargli le piaghe. Ora avvenne che il povero morì e fu portato dagli Angeli in seno ad Abramo; morì anche il ricco e fu sepolto. E nell’inferno, in mezzo ai tormenti, levando gli occhi e veduto da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno, gridò: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del suo dito, per refrigerarmi la lingua, perché spasimo in questa fiamma!” ma Abramo gli rispose: “Ricordati, figliuolo, che tu hai ricevuto dei beni, mentre eri in vita; Lazzaro invece dei mali. Ora questi è consolato e tu sei tormentato. C’è inoltre un grande abisso tra noi e voi, di modo che chi vuol passare di qui a voi non può, come nemmeno di là a noi.”

Che cos’è l’Inferno?
L’Inferno è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene. 

(Apocalisse 21, 8): Per i paurosi e per gli increduli e gli esecrandi e gli omicidi e i fornicatori e i venefici e gl’idolatri e per tutti i mentitori, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la seconda morte. 

Dopo la morte nessuna cosa creata può attirare l’anima, che tende irresistibilmente a Dio, unico e infinito bene. Invece nell’Inferno è priva di Dio, della sua visione, del suo possesso, e quindi del suo gaudio. Ha un bisogno profondo, vitale di Lui, e si sa da Lui respinta, maledetta, punita. Essere priva per sempre di Dio è la pena più grande, e più ineffabile.
Il fuoco dell’Inferno, per divina volontà, ha il potere di tormentare i demoni, le anime spirituali e anche i corpi dopo la resurrezione finale. Il dannato è immerso nel fuoco, permeato e quasi immedesimato col fuoco, come noi con l’aria che respiriamo. I reprobi dell’Inferno sono anche tormentati con tutti i mali possibili. Privi di Dio, sono privi di ogni bene e afflitti da tutti i mali, che sono la mancanza del bene dovuto. 
Tra i massimi tormenti vi sono, oltre il fuoco, la disperazione, l’odio vicendevole, le pene e le umiliazioni inflitte dai demoni, l’immobilità, le tenebre. 

Il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli; e non hanno riposo né giorno, né notte (Ap 14, 11); nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore, e il fuoco non si estingue (Mr 9, 43) 

IL DOTTOR DIOCRES: 
Si racconta che, mentre si cantava l’Ufficio dei defunti per il dottor Diocres, dell’Università di Parigi, alle parole: “Responde mihi” dal feretro uscì una voce lugubre, che diceva: “Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato”. Dopo una sospensione piena di paura, fu ripreso da capo il canto dell’Ufficio. Giunti nuovamente alle parole: “Responde mihi” si ripeté la voce: “Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato!”. Parve che il cadavere si muovesse, ma dopo un attento esame se ne constatò la rigidità. L’Ufficio fu sospeso e ripreso l’indomani. Alle parole: “Responde mihi” il cadavere si agitò, si pose a sedere e disse con voce straziante: “Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all’Inferno!”. Poi ricadde e non si mosse più. Tutti furono vivamente impressionati, ma specialmente Brunone, professore dell’Università, che abbandonò la brillante carriera, si ritirò nella solitudine, fondò l’ordine religioso dei Certosini e divenne santo, canonizzato dalla Chiesa.

Perché Dio premia i buoni e castiga i cattivi?
Dio premia i buoni e castiga i cattivi perché è giustizia infinita.

A me la vendetta; io farò giustizia, dice il Signore (Rm 12, 19). Il Signore prova il giusto e il malvagio; ma chi ama la prepotenza, Egli lo odia di cuore. Pioverà sui malvagi brace di fuoco; zolfo e vento avvampante è la parte della loro coppa. Poiché giusto è il Signore, e ama le giuste azioni. I retti vedranno il volto di Lui (Sal 10, 6-8). 

Nostro Signore ci ha descritto diffusamente come sarà fatto da Lui il Giudizio Universale, che segnerà il trionfo della divina giustizia, non lascerà nessun peccato impunito e nessuna opera buona senza premio (v. Mt 25, 31-46) 

La giustizia è la virtù che dà a ciascuno ciò che gli è dovuto, assegnando il castigo proporzionato alla colpa e il premio corrispondente al merito. La giustizia di Dio, come tutte le altre sue perfezioni, è infinita e si identifica con Lui. Come giustizia infinita, Dio non potrebbe assegnare la stessa sorte ai buoni che Lo amano e Lo servono fedelmente, e ai cattivi, che col peccato calpestano i suoi comandamenti e disprezzano la sua volontà. 

Quando poi il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e con Lui tutti gli Angeli, allora Egli si siederà sul trono della sua gloria; e tutte le nazioni si raduneranno dinnanzi a Lui e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capretti, mettendo le pecore alla sua destra e i capretti alla sua sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: “Venite, benedetti, dal Padre mio, a prendere possesso del regno che vi è stato preparato fin dall’origine del mondo. Perché io ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e voi mi deste da bere... Ogni volta che avete fatto questo a uno di questi minimi tra i miei fratelli, l’avete fatto a Me”. A quelli invece che saranno alla sua sinistra dirà: “Via da Me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ebbi fame e voi non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere... Ogni volta che non avete fatto questo a uno di questi piccoli, non l’avete fatto a Me.” E questi andranno all’eterno supplizio, e i giusti alla vita eterna (Mt 25, 31-35. 40-43. 45-46).

(Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X)

CHIESA E IMMIGRAZIONE/4: LETTERA A RENATO FARINA E A QUELLI CHE SI SONO GIA' ARRESI


Proponiamo la lettura (datata 2006 ma ancora attualissima) della lettera scritta da Marcello Pera (ex Presidente del Senato) a Renato Farina (l’ex vicedirettore del quotidiano Libero finito nei guai per aver collaborato con il Sismi).

Caro Renato,
c’è qualcosa che non va nelle tue “ammissioni di colpa”, e forse questa è la tua vera colpa. Si tratta del presupposto. Di tutto il resto della faccenda non so, ma questo mi è chiaro. Tu parli di una “quarta guerra mondiale” e ti riferisci a quella del terrorismo islamico contro l’Occidente. Ma commetti un errore: perché ci sia una guerra, occorre che ci siano almeno due belligeranti uno contro l’altro. Qui, di belligeranti, ce n’è un solo: mentre il terrorismo islamico combatte e fa stragi anche sul nostro suolo, l’Occidente non è in guerra.
Intanto, non vede il nemico o lo minimizza. Parla di episodi e di nuclei di guerriglia, in Iraq, in Afganistan, in Medio Oriente, ma non si accorge di quel fenomeno su vasta scala che è la rinascita risentita e minacciosa dell’islam contro la civiltà dei “giudei e crociati”. Poi l’Occidente non definisce il nemico. Nel suo linguaggio educato non si può dire “terrorismo islamico” o “di matrice islamica”, ma, al più, solo “terrorismo”, così, senza meglio specificare, oppure specificando al contrario, come quando si parlava delle “cosiddette brigate rosse”. Infine, quando proprio è costretto ad accorgersi che ha un nemico, l’Occidente crede di esserselo meritato, perché ne parla come di un diseredato, di un disperato, di una vittima delle nostre colpe, imperialiste, coloniali, aggressive.

CHIESA E IMMIGRAZIONE/3: LE PAROLE DEL CARD.GIACOMO BIFFI


Dobbiamo riconoscere che siamo stati tutti colti di sorpresa.
E’ stato colto di sorpresa lo Stato, che dà tuttora l’impressione di smarrimento; e pare non abbia ancora recuperato la capacità di gestire razionalmente la situazione, riconducendola entro le regole irrinunciabili e gli ambiti propri dell’ordinata convivenza civile. I provvedimenti, che via via vengono predisposti, sono eterogenei e spesso appaiono contradditori: denunciano la mancanza di una qualche progettualità e, più profondamente, denotano l’assenza di una corretta e disincantata interpretazione di ciò che sta avvenendo. Non vediamo che ci sia una “lettura” abbastanza penetrante dei fatti, tale che sia poi in grado di suggerire, sviluppare e sorreggere un indirizzo coerente e saggio di comportamento.

Sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane, ammirevoli in molti casi nel prodigarsi prontamente ad alleviare disagi e pene, ma sprovviste finora di una visione non astratta, non settoriale e abbastanza concorde, in grado di ispirare valutazioni e intenti operativi che tengano conto di tutte le implicazioni degli avvenimenti e di tutti gli aspetti della questione. Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica – che in sé e in linea di principio sono legittime e anzi doverose – si dimostrano più generose e ben intenzionate che utili, se rifuggono dal commisurarsi con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale.

LE CINQUE VIE PER PROVARE L'ESISTENZA DI DIO


L’esistenza di Dio si può provare per cinque vie.
La prima e la più evidente è quella che si desume dal moto. E’ certo infatti, e si sa dai sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove è mosso da altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale rispetto al termine del movimento; mentre chi muove, muove in quanto è atto. Muovere infatti significa trarre qualcosa dalla potenza all’atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all’atto se non mediante un essere che è già in atto. Per esempio, il fuoco che è caldo attualmente rende caldo in atto il legno, che era caldo solo potenzialmente, e così lo muove e lo altera. Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto lo stesso aspetto in atto e in potenza: lo può essere soltanto sotto diversi rapporti: così ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza ma è insieme freddo in potenza. E’ dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa. E’ quindi necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da un altro. Se dunque l’essere che muove è anch’esso soggetto a movimento, bisogna che sia mosso da un altro, questo da un terzo e così via. Ora, non si può in tal modo procedere all’infinito perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore, che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio.

ELEMENTI DI CATECHESI - 5: IL PARADISO

Che cos’è il Paradiso?
Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità e, in Lui, di ogni altro bene, senza alcun male.

Si è detto che il fine ultimo dell’uomo è godere eternamente Dio in Paradiso. Vediamo dunque che cosa ci riserverà il Signore Nostro se durante questa vita terrena siamo stati a Lui fedeli.
San Pietro sul monte Tabor contemplò per alcuni momenti la gloria di Gesù Cristo e ne fu inebriato. Fuori di sé per il gaudio, domandò di restare sempre in quella beatitudine celeste (v. Mt 17, 1 - 8). Se bastò un raggio della gloria di Cristo per trarre Pietro e gli altri discepoli in un’immensa gioia, che cosa sarà il Paradiso, dove si contempla eternamente il fulgore della gloria di Dio?

Su questa terra, non è possibile la felicità o la beatitudine perfetta e definitiva, che invece è riservata al Cielo. Le creature o gli oggetti non possono renderci infinitamente felici e non possono appagare la nostra sete di beatitudine eterna: sono troppo piccole, troppo limitate nello spazio e nel tempo per soddisfare il nostro desiderio di Verità e di un Bene infinito!

Riflettiamo anche che siamo felici quando possediamo ciò che desideriamo: come dunque potremo essere eternamente felici se, nel momento della nostra morte, dovremo abbandonare tutto? A che cosa ci sarà giovato acquistare tanti beni se poi essi si deterioreranno nel tempo e noi dovremo abbandonarli?

CHIESA E IMMIGRAZIONE/2: LE PAROLE DI SAN GIOVANNI BOSCO


Qui di seguito viene riportata una pagina del trattato popolare sulla vera religione dal titolo «Il Cattolico istruito nella sua religione: trattenimenti di un padre di famiglia co’ suoi figliuoli, secondo i bisogni del tempo, epilogati dal Sacerdote Bosco Giovanni» (1853) per fare un po’ di chiarezza, alquanto necessaria in questi tempi.
Il dialogo citato è tra un padre di famiglia preoccupato per la salvezza dell’anima dei figli ed il figlio maggiore che parla a nome di tutti gli altri fratelli.

Se vi piace, io vi parlerò delle altre cominciando dal Maomettismo.

F. Sì, sì, cominciate per dirci che cosa s’intenda per Maomettismo?
P. Per Maomettismo s’intende una raccolta di massime ricavate da varie religioni, le quali praticate giungono a distruggere ogni principio di moralità.

F. Il Maomettismo da chi ebbe principio?
P. Il Maomettismo ebbe principio da Maometto.

F. Oh! di questo Maometto abbiamo tanto piacere di sentire a parlare: diteci tutto quello che sapete di lui.
P. Troppo lungo sarebbe il riferirvi tutto quello che le storie raccontano di questo famoso impostore: procurerò soltanto di farvi conoscere chi egli fosse, e come abbia fondata la sua Religione.
Nacque Maometto da povera famiglia, di padre gentile e di madre ebrea, l’anno 570, nella Mecca, città dell’Arabia, poco distante dal Mar Rosso. Vago di gloria e desideroso di migliorare la sua condizione andò vagando per più paesi, e riuscì a farsi agente di una vedova mercantessa di Damasco, che poi lo sposò. Egli era così astuto che seppe approfittare delle sue infermità e della sua ignoranza per fondare una religione. Patendo di epilessia, male caduco, affermava che quelle sue frequenti cadute erano altrettanti rapimenti a tener colloquio coll’Angelo Gabriele.

LA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO

Non ci sono voci e rumori nella casa del Cenacolo. Non c’è presenza di discepoli, almeno io non sento nulla che mi autorizzi a dire che in altri ambienti della casa siano raccolte delle persone. Ci sono soltanto la presenza e le voci dei Dodici e di Maria Santissima, raccolti nella sala della Cena.
Sembra più ampia la stanza, perché le suppellettili, messe diversamente, lasciano libero tutto il centro della stanza e anche due delle pareti. Contro la terza è spinto il tavolone usato per la Cena, e fra esso e il muro, e anche ai due dei lati più stretti del tavolo, sono messi i sedili-lettucci usati per la Cena e lo sgabello usato da Gesù per la lavanda dei piedi. Però non sono, questi lettucci, messi verticalmente alla tavola, come per la Cena, ma parallelamente, di modo che gli apostoli possono stare seduti senza occuparli tutti, pur lasciando un sedile, l’unico messo verticale rispetto alla tavola, tutto per la Vergine benedetta, che è al centro della tavola, al posto che nella Cena occupava Gesù.

La tavola è nuda di tovaglie e stoviglie, nude le credenze, denudati i muri dei loro orna- menti. Solo il lampadario arde al centro, ma con la sola fiamma centrale accesa; l’altro giro di fiammelle che fanno da corolla al bizzarro lampadario sono spente.

CHIESA E IMMIGRAZIONE/1


Corsia Giovani apre un dibattito sul tema dell'immigrazione; come premessa riportiamo le parole del Card. Giacomo Biffi che già nel 2000 metteva in guardia da un fenomeno che sarebbe di lì a poco deflagrato in tutta la sua emergenza e gravità: "Dovrebbe essere evidente a tutti quanto sia rilevante il tema dell’immigrazione nell’Italia di oggi; ma credo sia altrettanto innegabile l’inadeguata attenzione pastorale e lo scarso realismo con cui finora esso è stato valutato e affrontato. Il fenomeno appare imponente e grave; e i problemi che ne derivano – tanto per la società civile quanto per la comunità cristiana – sono per molti aspetti nuovi, contrassegnati da inedite complicazioni, provvisti di una forte incidenza sulla vita delle nostre popolazioni.


I generici allarmismi senza dubbio non servono, ma nemmeno le banalizzazioni ansiolitiche e le speranzose minimizzazioni. Né si può sensatamente confidare in un rapido esaurirsi dell’emergenza: è improbabile che tutto si risolva quasi autonomamente, senza positivi interventi, e la tensione stia per sciogliersi presto quasi come un temporale estivo, che di solito è di breve durata e non suscita prolungate preoccupazioni. 

A una interpellanza della storia come questa si deve dunque rispondere – come, del resto, davanti a tutti gli eventi imprevisti e non eludibili della vicenda umana – senza panico e senza superficialità. Vanno studiate le cause e va accuratamente indagata l’indole multiforme dell’accadimento; ma non si può neanche attardarsi troppo nelle ricerche e nelle analisi, senza mai arrivare a qualche provvedimento mirato e, per quel che è possibile, efficace, perché i turbamenti e le sofferenze derivanti dall’immigrazione sono già in atto".

LA REDAZIONE

ESTO VIR

Che cos’è il carattere, e che s’intende per “giovane di carattere?”
Per carattere s’intende la costanza della volontà nel bene e per giovane di carattere, colui che ha nobili principi, ai quali egli si attiene a ogni costo anche quando il rimanere a essi fedele, richiede sacrificio.
In che cosa consiste dunque la formazione del carattere? Innanzi tutto, nel proporsi un ideale, nello stabilire dei principi; poi nel formarsi delle sane abitudini con il costante esercizio rimanendo fedeli a tale programma di vita in qualunque circostanza e di fronte a qualsiasi ostacolo.

Tuo primo dovere è proporti un nobile programma, e la Religione, con le sue verità ed i suoi precetti, ti suggerirà i più sani e santi principi.
Non accontentarti di averli appresi da bambino dal labbro materno, ma approfondiscili quando la tua mente, per lo sviluppo intellettuale e per lo studio fatto, è in grado di comprenderne le sublimi bellezze ed armonie.
Tale profonda convinzione ti renderà più facile l’adempimento del tuo secondo dovere, di agire cioè sempre in conformità all’ideale che ti sei proposto.

Essere fedele ai propri principi e perciò educarsi a un fermo carattere, non è cosa facile né breve.

L’indole ricevuta dalla natura, l’ambiente nel quale sei cresciuto, le abitudini che hai già prese, sono tutti elementi che esercitano la loro influenza nella tua formazione e che vanno perciò considerati seriamente.
Chi non è attratto dalla bellezza del buono e del vero e non si sente elevato dai nobili pensieri che ne conseguono? Ma quando si tratta di tradurre in pratica questi ideali, la difficoltà sgomenta gli animi o manca la forza d’azione al momento opportuno.

Molti parlano di grandi ideali, ma pochi sono gli uomini di vero carattere.

L’uomo riceve una duplice educazione: la prima in famiglia e nella scuola; la seconda, che è la più efficace, è frutto di personale lavoro e questa assume il nome di autoformazione. Scolpire nella propria anima quell'immagine che Iddio ha ideato per te, ecco il nobile lavoro che ti attende.

Lavoro personale, che spetta a te, senza che sia possibile farlo compiere da altri al posto tuo. Potrai avere dei buoni consigli, indicazioni, qualche aiuto, ma alla fin fine spetta a te e soltanto a te crescere nella grazia di Dio, facendo fruttificare quel seme che la Provvidenza ha nascosto nel tuo animo.

Non senti, giovane caro, il desiderio vivo di diventare nobile, forte e puro di cuore? In quale condizione si trova ora la tua anima? Quali sono le tendenze, ed i difetti che devi correggere?

Comincia subito a lottare contro te stesso. Devi saperti vincere: devi talvolta negarti ciò che ti piacerebbe e fare invece ciò a cui non ti senti inclinato, non scoraggiandoti mai, neanche quando vedi rovinare i tuoi migliori piani. Il carattere, l’impronta cioè che tu devi dare a tutta la tua esistenza, dipende da tale coraggioso atteggiamento.

Quando tu avrai dato questa direzione alla tua vita, ricordati che ogni momento di essa diviene sacro, perché in ogni momento puoi segnare una nuova linea di progresso nel bene e nella virtù.

Semina un pensiero e raccoglierai un desiderio; semina un desiderio e raccoglierai un’opera; semina un’opera e raccoglierai un’abitudine; semina un’abitudine e raccoglierai il carattere; semina il carattere e avrai assicurata la tua sorte.

Il tuo avvenire è tessuto di piccoli pensieri e piccole azioni. Non lasciare dunque trascorrere un’ora della tua vita senza che l’animo tuo aspiri con rispetto ed amore alla virtù, e non perdere alcuna occasione di fare del bene anche se questo andrà contro il tuo presente interesse ed i tuoi stessi desideri. Accumulerai, in tal maniera, una forza preziosa in te stesso, con la quale potrai compiere cose veramente nobili e degne di un uomo.

Soprattutto, però, tu devi sforzarti di conformare la tua volontà a quella di Dio. Non vi è esercizio di volontà migliore di questo, di ripetere in ogni circostanza: Signore, non la mia volontà sia fatta, ma la Tua. Non vi è esercizio più meritorio di questo, di proporci cioè dopo ogni nostra azione, parola o pensiero la domanda: “Signore, era ci secondo la tua volontà?”

Oh! se i giovani comprendessero l’importanza di questo dovere, specialmente quando nel loro animo si agita ansiosa la domanda: “Che cosa dovrò fare nella vita? Quale sarà la mia vocazione?” Quante volte questo problema viene risolto o con superficialità o alla luce di considerazioni umane, e non con la serietà e con lo spirito di fede che dovrebbe avere un giovane cristiano!

(Toth Tihamer)

SANTA PASQUA: IL MISTERO DELL'AGNELLO

La Bibbia ci dice che il mistero della Pasqua è l’immolazione dell’Agnello. Per comprendere la Pasqua bisogna aver capito il mistero dell’Agnello.
Fin dai primi tempi del cristianesimo nei mosaici e nelle pitture murali delle Basiliche si rappresentava l’Agnello come simbolo che riuniva in sé l’idea del Sacrificio di Gesù e quella della Sua Vittoria. Nella sua posa piena di dolcezza, l’Agnello esprimeva la dedizione che lo ha condotto a dare il suo Sangue per la salvezza dell’umanità. Fu dipinto armato di croce, dalla quale sventolava una bandieruola trionfale.

Giunta la pienezza dei tempi, Dio inviò il suo Figliuolo sulla terra. Il Verbo incarnato, che non si era ancora manifestato agli uomini, un giorno camminava sulle rive del Giordano: Giovanni Battista Lo indicò ai discepoli dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato dal mondo”. Il santo Precursore in quel momento annunciava la Pasqua, poiché avvertiva gli uomini che, finalmente, la terra possedeva il vero Agnello, l’Agnello di Dio, atteso da tanto tempo.

Ecco, era venuto questo Agnello, più puro di quello di Abele, più misterioso di quello di Abramo, più esente da ogni macchia di quello che gli Israeliti offrivano in Egitto.